Recessione, la crisi 4 mila miliardi

Dopo tanti segnali di ottimismo sulla fine prossima della crisi economica ieri è arrivata la doccia fredda del Fondo Monetario internazionale che traccia un quadro ancora cupo. «Il sistema finanziario globale - si legge nell'analisi del Global Financial report - resta sotto un severo stress, mentre la crisi si allarga includendo famiglie, aziende e banche sia delle economie avanzate sia di quelle emergenti». Il «credit crunch globale» sarà probabilmente «profondo e duraturo». La stretta del credito «potrebbe portare a una pronunciata contrazione del credito stesso negli Usa e in Europa prima che la ripresa inizi». Non solo. A causa della crisi finanziaria, il debito pubblico italiano salirà nel 2010 al 121% con un incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008. Non va meglio per gli altri Paesi considerati più solidi. In Germania il debito 2010 si attesterà all'87% con un aumento di 19 punti percentuali, in Francia, sarà all'80%, ovvero 13 punti in più, in Giappone l'incremento sarà di 30 punti al 227%, mentre negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98%. Il Fondo tira anche la somma del costo della crisi che, sostiene, ammonta ad oltre 4.000 miliardi di dollari nelle sole economie avanzate. Gli istituti di credito europei e statunitensi avranno bisogno di ulteriori iniezioni di capitali per 1.700 miliardi di dollari se vorranno riportare i livelli di leverage dove erano a metà anni Novanta. Tra Stati Uniti, Europa e Giappone le banche potrebbero vedersi costrette a svalutazioni per 2.810 miliardi di dollari. Le misure prese finora, osserva l'Fmi, vanno bene ma non bastano. «Servono ulteriori azioni politiche e un coordinamento internazionale per il miglioramento, ripristinare la fiducia nelle istituzioni finanziarie e normalizzare le condizioni dei mercati». La sfida è di «rompere la spirale al ribasso innescatasi tra sistema finanziario ed economia globale». Il Fondo indica alcune priorità: assicurare che il sistema bancario abbia accesso alla liquidità necessaria, identificare e risolvere la questione degli asset tossici, ricapitalizzare le banche indebolite ma ancora vitali e decidere rapidamente cosa fare di quelle ormai allo stremo. Le svalutazioni delle banche europee su prestiti e titoli fra il 2007 e il 2010 potrebbero attestarsi a 737 miliardi di dollari a fronte dei 1.604 miliardi degli Stati Uniti. Naturalmente se la ripresa economica sarà migliore di quanto previsto attualmente potremmo ridurre le stime», spiega il nuovo direttore del mercato dei capitali del Fmi, Jose Vinals, sottolineando come le banche americane sono «a metà strada nel riconoscere le perdite mentre l'Europa è un pò indietro». L.D.P.