Eni conferma la cedola, ai soci 1,3 euro

Gli azionisti, fondi e stato italiano in prima fila, possono continuare a gioire. Il dividendo resta confermato a 1,30 euro per azione, lo stesso livello dello scorso anno. La parte che resterà in cassa andrà a finanziare una enorme mole di investimenti programmati nel triennio 2009-2012 e pari a 48 miliardi. Paolo Scaroni, ad dell'Eni, è volato a Londra per spiegare i risultati 2008 e il piano industriale quadriennale. E la Borsa gli ha dato credito: sugli scudi da avvio seduta, il titolo ha chiuso a +2,44%. Conti positivi dunque nonostante il calo del greggio avesse cominciato a far sentire il suo effetto negativo nell'ultimo trimestre dell'anno con l'utile netto, sceso del 27,4% a 1,94 miliardi rispetto allo stesso periodo 2007. Una flessione che non ha gravato sulla remunerazione agli azionisti: per il 2008 i soci Eni staccheranno una cedola da 1,30 euro, in parte già incassata a settembre con l'acconto sul dividendo di 65 centesimi. Nelle casse dello Stato finiranno circa 2 miliardi. Scaroni è ottimista anche sul futuro grazie ad acquisizioni selettive anche il 2009 dovrebbe chiudere in positivo. Il cda per questo ha deciso l'emissione di uno o più prestiti obbligazionari, per un valore totale fino a 1,5 miliardi entro il 2010. Per Scaroni l'appuntamento londinese è stata però l'occasione per puntualizzare alcuni aspetti che hanno investito la società. In primo luogo l'addizionale Ires a carico del colosso del Cane a Sei Zampe, per coprire i 5 miliardi che l'Italia si è impegnata a versare a Tripoli a compensazione dei danni coloniali: «Stiamo valutando se questa tassa rispetta i regolamenti italiani ed europei. Se non è così, faremo appello», avverte Scaroni, secondo il quale, al momento, sembra ancora lontano un ingresso nel cda dei fondi libici, detentori di una quota sotto il 2% del capitale Eni. Scaroni ha anche smontato la tesi dell'ingresso del partner russo, la Gazprom: «Non ne abbiamo mai discusso».