"Alitalia non accetta pressioni"
Il destino della nuova compagnia sarà deciso secondo «le leggi del mercato» hanno ribadito i due manager. Tradotto: l'operazione è impermeabile ai «condizionamenti esterni». Un siluro lanciato a tutta forza contro le richieste della Lega Nord che non ha ancora digerito il depotenziamento dello scalo di Malpensa. Ripescato nello sviluppo della Cai per i voli a lungo raggio solo se Linate perdesse il ruolo di aeroporto internazionale. «Costa troppo» avere nell'orbita di Milano due scali con le stesse rotte. E questa volta Sabelli ha dato anche le cifre: «tra i 140 ed i 150 milioni l'anno». Ergo, se Linate resta com'è, «l'hub resta a Fiumicino». Un primo paletto al pressing del popolo del Nord a cui ha immediatamente risposto il presidente della provincia di Milano: «Non accetteremo diktat, Linate non si tocca». Anche se non c'è stato spazio per le domande dei parlamentari, causa voto in Aula per il decreto anti crisi, Colaninno ha sgombrato il campo sull'eventualità che l'arrivo di Air France possa preludere a un successivo controllo di Alitalia da parte di Parigi. «Anche se i francesi avranno il 25% della compagnia le regole fissate dallo statuto per la gestione della nuova società - ha sottolineato Colaninno - ne blindano l'italianità, ne fanno una azienda non controllata da un operatore straniero». Dopo il tour diplomatico con gli enti locali e le Regioni, a Milano e a Roma, i vertici di Alitalia sono stati chiari anche in Parlamento. «Non è un piano di ridimensionamento, è un piano di sviluppo», ha garantito Sabelli, ribadendo più volte che non c'è più spazio per alcuna pressione esterna. Si lavora, a «un prodotto disegnato sulla struttura della domanda». Le scelte rispondono alla «struttura del mercato».