dall'inviato Tiziano Carmellini DETROIT Recharging! O ...
C'era dunque la speranza che il 2009 iniziasse un po' meglio di come era finito un 2008 disastroso per l'industria americana con enorme ripercussione anche su quella automobilistica. E che la prospettiva di veicoli ad alimentazione alternativa potesse essere una soluzione alla crisi. Ma il giorno dopo la «prima» ufficiale gl stessi quotidiani nazionali non potevano non prendere atto del tono minore generale, della tendenza al risparmio che ha prevalso in un salone una volta noto per il suo sfarzo e la sua gagliarda risonanza kitch tipicamente americana. I numeri che avevano chiuso l'anno non potevano del resto prospettare altro, considerando il trend nero dell'auto Usa che ha vissuto un dicembre addirittura devastante nonostante gli incentivi statali: una perdita nelle vendite che ha superato il 35% con un totale che è sceso di tre milioni di veicoli consegnati rispetto all'anno precedente. In soldoni vuol dire che in un solo anno l'America ha perso un mercato grosso come la Germania con una flessione che ha sfiorato il -20% e un consuntivo di fine anno di quelle che una volta erano le big three (General Motors, Ford e Chrysler) da far rabbrividire. Meno 23% per la Gm, -20% per il colosso Ford (a conti fatti è quello che ha tenuto più botta alla crisi) e un -30% che mette Chrysler pericolosamente sull'orlo del baratro. E il tracollo dell'auto Usa non poteva non contagiare anche gli altri Paesi: Toyota, da anni con un segno positivo davanti, quest'anno ha chiuso con un -15,7% che ha lasciato attoniti i machiavellici cervelloni giapponesi. Già, perché il calo è stato dunque complessivo con pochissimi marchi in grado di guardarsi indietro soddisfatti (Volkswagen, Honda, Audi e Subaru) e tutti gli altri a fare i conti per cercare di non affondare nelle sabbie mobili di un mercato ormai dissestato. Il 2009? Rischia di essere anche peggio, almeno in avvio visto che i primi segnali di ripresa sono previsti, da analisti e addetti ai lavori, non prima della seconda metà del 2009: probabilmente verso la fine. Negli Usa i pessimisti dicono che si potranno vendere non più di 12 milioni di auto nel prossimo anno, cosa che vorrebbe dire un ulteriore crollo al quale le tre grandi case automobilistiche difficilmente riusciranno a far fronte nonostante i soldi «approvati» da Obama e che dovono però ancora diventare cash vero. Fondamentali dunque i primi 3 mesi dell'anno per capire come e se le big three riusciranno a restare in piedi e a restituire parte di quei posti di lavoro spazzati via in un 2008 da dimenticare. I cortei dei lavoratori davanti alla Joe Luis Arena, sede del Naias 2009, sono a lì a ricordare l'altro grande fardello dell'industria americana: un'occupazione ai minimi storici. Così, mentre il leit motiv delle case americano è risparmio, taglio dei costi e della comunicazione (anche gli stand del Naias dimostrano chiaramente la poca voglia di spendere), le cose migliori arrivano dalle case europee. Tra motorizzati con V10 anni sessanta e Mustang molto vintage ma sempre più improbabili, a farla da padrone sono state le novità di Maserati, Mercedes e Audi: sintomo di una tecnologia avanti anni luce che pensa non solo all'immediato ma prova a immaginare cosa succederà domani. E stavolta l'America prenda esempio...