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Agcom chiede un'azienda ad hoc per la rete di Telecom Italia

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Questa la direzione verso cui spinge il sistema delle tlc e il cui primo tassello potrebbe essere messo già il 25 settembre, quando il cda del gruppo telefonico potrebbe decidere la separazione societaria della rete e l'apertura del capitale a nuovi soci. L'ipotesi di una società ad hoc per la realizzazione della rete è stata avanzata ieri davanti alla Commissione Trasporti della Camera sia dal presidente dell'Autorità per le tlc, Corrado Calabrò, che da quello dell'Antitrust, Antonio Catricalà. Entrambi gli organismi di controllo, come noto, spingono da tempo in due direzioni: da una parte la tutela della concorrenza e l'apertura delle infrastrutture a tutti gli attori presenti sul mercato in un'ottica di attenzione ai prezzi e ai consumatori; dall'altra la spinta agli investimenti soprattutto per le nuove reti (si parla di una cifra tra 8 e 15 miliardi di euro), indispensabili per non far crescere il divario che già separa l'Italia dagli altri paesi avanzati. Alla prima esigenza, ha spiegato Calabrò, Telecom e Autorità stanno rispondendo con la creazione di Open Access (la divisione per una gestione della rete in rame più trasparente), per la quale l'accordo è ormai vicino. Per la seconda, invece, i problemi non mancano. Telecom Italia, ha infatti ricordato Calabrò, «non ha un cash flow sufficiente per destinare agli investimenti nella nuova rete le somme necessarie». Un invito in questa direzione arriva anche da Catricalà, secondo cui Telecom Italia «potrebbe decidere di costituire una nuova società cui attribuire la titolarità della rete, che resterebbe sotto il proprio controllo», nella quale però non potrebbero trovare spazio altri operatori telefonici, ma soggetti come «fondi, provider, produttori di contenuti». Allo Stato, secondo l'Antitrust, spetterebbe invece il compito di incentivare gli investimenti utilizzando «la leva fiscale».

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