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A caldo, il salvataggio di Freddie Mac e Fannie Mae (le due ...

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Si è detto che è proprio in tali frangenti che lo Stato ha il compito d'intervenire, e pure economisti che si professano liberisti stavolta hanno usato un linguaggio "pragmatico", sottolineando che in situazioni di emergenza bisogna buttare a mare i principi e fare il possibile. Costi quel costi. In realtà, la vicenda di Freddie & Fannie ci insegna solo che statalismo chiama statalismo, e che perfino un clamoroso fallimento di Stato come quello delle due agenzie americane può essere un pretesto per spingere verso un accresciuto dirigismo. Passati alcuni giorni, le borse sono tornate a deprimersi, per le solite ragioni macroeconomiche, e in compenso i contribuenti americani hanno perso già due miliardi di dollari e altri si apprestano a perderne per la ricostituzione del capitale di entrambe le società, il loro sviluppo e le loro (future) più che prevedibili perdite. Ma c'è qualcosa di peggio. Un tempo terra delle opportunità e del libero mercato, oggi l'America dimostra di avere largamente metabolizzato e accentuato l'assistenzialismo dell'età rooseveltiana. Nel rating informale degli investitori, gli Stati Uniti negli ultimi mesi hanno perso posizioni a vantaggio di economie che credono maggiormente nel fatto che perché ci possa essere uno sviluppo stabile le aziende malgestite devono fallire. C'è anche un altro punto. L'argomento principe usato dai "salvatori" di Freddie & Fannie è che esse sarebbero troppo grandi per fallire. Insomma, si può assistere al fallimento di un milione di imprese individuali distribuite dalla Florida all'Alaska, ma non certo al crollo di un'impresa che ha 50 mila dipendenti. È mercato, questo? No: è un falso solidarismo che finisce per creare corsie del tutto privilegiate per l'affarismo di quanti amano privatatizzare i profitti e socializzare le perdite. Anche perché il principio too big to fail (troppo grandi per fallire) è già inscritto nella logica perversa di un sistema politico-economico che favorisce quasi sempre gli interessi concentrati a scapito di quelli diffusi. A partire, appunto, dai diritti dei contribuenti. In Italia, per giunta, c'è perfino chi avanza già l'ipotesi che se i fondi pensionistici chiusi, gestiti da imprese e sindacati, non dovessero rendere quello che si sperava, toccherà allo Stato intervenire. In realtà, affidare i propri risparmi a fondi che investono in borsa comporta opportunità e rischi, e non si possono cogliere le prime senza accettare i secondi. Ma è significativo che nell'eco dei plausi indirizzati a Paulson in Italia già vi sia chi ipotizza questo ulteriore salasso ai danni di chi è costretto a pagare le tasse.

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