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L'intervento del ministro Tremonti sulla crisi economica ...

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Che la crisi economica possa da noi aggravarsi, è una previsione puntellata dall'abbondante flusso di informazioni e cifre di cui il Ministro dispone. Certo, quando egli afferma che negli ultimi due anni essa è stata «ignorata e sottovalutata», può voler dire che la politica economica del precedente governo, anziché impegnarsi nel rilancio della produttività aziendale mediante più ricerca e più innovazione, si è impelagata nel compromesso paralizzante fra chi, nell'esecutivo, reclamava più spartizione sociale del magro reddito disponibile e chi invece chiedeva di produrne di più per poi equamente ridistribuirlo. Non solo. Alcuni autorevoli analisti si sono chiesti se la crisi che stiamo vivendo sia migliore o peggiore del crollo di Wall Street nel 1929. Non credo sia stato inventato il metro con cui tentar di rispondere a questo interrogativo. Si può dire che la crisi odierna è diversa per la sua misura planetaria, la quale avrebbe bisogno di una terapia essa pure planetaria, che non c'è e nemmeno s'intravede. Si aggiunga che l'emergere di Cina, India e Brasile sulla scena internazionale sta rimescolando le carte del potere mondiale. Sarebbe già gran risultato riuscire ad allargare il G8 per farne il G11. La caratteristica più innovativa della manovra dell'esecutivo sta nell'aver finalmente blindato il conto pubblico prima dell'estate e per tre anni «mettendolo al riparo delle crisi sistemiche». Vuol dire che la «legge finanziaria» ha trent'anni e li dimostra tutti. Nasce nell'agosto del 1978 per ovviare agli inconvenienti di un'eccessiva rigidità, e subito rivela grosse difficoltà di funzionamento per il viluppo delle procedure fissate, antico vizio del nostro legislatore; poi per l'accumularsi di famelici appetiti di classi, corporazioni, categorie, sindacati del lavoro e del capitale, lobby più o meno carbonare che hanno finito per trasformare la «finanziaria» in una specie di «legge omnibus» con dentro tante norme eterogenee che poco o nulla hanno da spartire con la qualità della manovra di bilancio. Vi si foraggia di tutto e di più, e il debito pubblico italiano nasce anche da qui. In quest'ultimi giorni si è parecchio polemizzato sui tagli cui il governo si accingerebbe in fatto di sicurezza dei cittadini, di ticket sulla diagnostica, eccetera. Walter Veltroni ripete un giorno sì e l'altro pure che è contraddittorio da parte della maggioranza sciogliere inni a una più impegnata politica della sicurezza eppoi tagliare i fondi per essa stanziati. A sentire il ministro degli interni, Maroni, le faccende non stanno così. Lo stanziamento per la sicurezza fu sforbiciato per 800 milioni dall'ultima «finanziaria» di Prodi, mentre l'attuale governo ne ha recuperati 400 e stima di aggiungervi per il 2009 un miliardo attingendolo dai beni patrimoniali e dai conti correnti sequestrati alla malavita organizzata. Si è detto che i ticket sarebbero stati ripristinati. Non è così. Per non farli pagare alla gente, sono stati decisi per i prossimi tre anni qualcosa come un miliardo e duecento milioni: quattrocento milioni ogni esercizio. Il governo dice e ripete che vuol raggiungere il pareggio del conto pubblico nel 2011 senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Per riuscirvi occorre azzerare gli sprechi nella spesa del pubblico denaro. Lo si è cominciato a fare.

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