Filippo Caleri f.caleri@iltempo.it Se il calcio può essere ...
E non solo sul campo di gioco. Con un incredibile tempismo rispetto al match di domenica sera, ieri, Eurostat ha aggiunto un nuovo tassello alla rivalità ormai acclarata tra le due nazioni. Il divario tra Italia e il paese iberico in termini di prodotto interno lordo per abitante misurato secondo il potere d'acquisto (più semplicemente la ricchezza a disposizione in media per ogni cittadino), nel 2007, è aumentato. I numeri dell'istituto europeo di statistica parlano chiaro: fatta 100 la media dell'intera Ue, lo scorso anno la Spagna ha chiuso con un Pil pro-capite a quota 107, contro quota 101 dell'Italia. Ben sei punti di differenza, dunque, contro i due del 2006, quando Madrid a quota 105 scavalcò Roma ferma a quota 103. Un «sorpasso» che fu annunciato con squilli di tromba dal premier spagnolo Luis Zapatero e che provocò l'ira dell'allora omologo italiano Romano Prodi. Che dimostrò che il Pil pro-capite degli spagnoli era cresciuto negli ultimi anni a ritmi più sostenuti, ma restando in termini assoluti (e cioè in numeri e non in percentuale) più basso di quello italiano. La notizia dell'allungo spagnolo ne nasconde però un'altra, forse ancora più grave, e cioè che il Belpaese non produce più ricchezza in maniera adeguata al suo status di paese avanzato. Nella stessa classifica, infatti, Roma occupa gli ultimi posti tra i Paesi della Vecchia Europa, sopra solo a Grecia e Portogallo. Nonostante questo è stato l'allargamento della forbice con la Spagna il dato maggiormente sottolineato dagli esperti Ue. Gli stessi che hanno spiegato che la ragione principale del gap crescente è nella «crescita tumultuosa» che ha caratterizzato negli ultimi anni l'economia iberica, a fronte di «un incremento quasi nullo, o comunque molto ridotto» del Pil italiano. Nella vita, però, come nel calcio non bisogna mai illudersi di essere campioni a vita. Così - hanno aggiunto gli stessi esperti Ue - già nei prossimi mesi potrebbe verificarsi un'inversione di tendenza, a causa della crisi che nel Paese iberico sta colpendo soprattutto il settore delle costruzioni. Crisi che molto probabilmente produrrà un rallentamento della locomotiva spagnola. Non è sulla sventura altrui in ogni caso che si costruisce un successo. Sì, perché anche le prospettive dell'economia italiana per i prossimi mesi sono tutt'altro che positive. Serve un miracolo insomma, per raggiungere la testa della classifica guidata dal Lussemburgo con un pil procapite a quota 276. E forse molto impegno per eguagliare Francia (111), la Germania (113) e il Regno Unito (116).