Precaria a vita. «Collezionista» di decine di contratti a ...
Poi alla fine l'assunzione a tempo indeterminato presso l'Inpdap, l'ente di previdenza della pubblica amministrazione. Il sogno di Maddalena Ciotto, originaria di Messina e oggi residente a Milano, si è realizzato il 9 luglio del 2007. Ma anche il più bello dei sogni può trasformarsi in un incubo. E così è stato. L'agognato posto fisso le è, infatti, arrivato all'età di 66 anni. E la legge non consente, almeno in via di principio, di continuare a lavorare oltre i 67 anni. Così contestualmente alla lettera di assunzione la Ciotto ha saputo anche la data della sua uscita definitiva dal mondo del lavoro: il primo marzo 2008. Tra tre giorni dunque. Poco male se l'impiegata avesse raggiunto il minimo per ottenere la pensione. Ma così non è. Sommando gli spezzoni lavorativi maturati la lavoratrice ha nel suo curriculum previdenziale solo 13 anni, 5 mesi e 18 giorni. A un soffio dunque dai 15 anni necessari ad ottenere la pensione di vecchiaia. Sarebbe necessario lavorare ancora un pò. Ma non c'è nulla da fare. La norma non lo consente. A oggi la Ciotto si dovrebbe accontentare di una rendita annuale di 3300 euro. Qualcosa come 300 euro al mese. Inutile finora la sua richiesta di continuare a lavorare nonostante l'età. Un paradosso in un paese in cui si lotta da anni per non perdere i benefici di un sistema previdenziale generoso. E in cui scatta la corsa al pensionamento anticipato ogni volta che si parla di riforme. La Ciotto e come lei migliaia di precari che si trovano nelle sue condizioni chiede solo di restare al lavoro.