Filippo Caleri [email protected] Il solito mistero ...
Un regresso di quasi 10 dollari che non si è tradotto in cali altrettanto consistenti sui prezzi dei carburanti. O meglio la riduzione c'è stata ma più contenuta, pari al 2,5-3% rispetto ai massimi. Non così accade, invece, nel caso contrario. A ogni minima lievitazione delle quotazioni internazionali dell'oro nero la ricaduta sui costi per gli automobilisti è quasi automatica e assolutamente proporzionale. La tesi è nei fatti. Un litro di benzina, un mese fa, costava quasi 1,4 euro al litro, il gasolio 1,327 euro. La quotazione attuale nei listini di vendita consigliati dalle compagnie ai propri gestori viaggia intorno agli 1,370 euro per la verde e a 1,280 per il diesel. Cifre che mostrano un calo, rispettivamente intorno al 2,5% ed al 3,5%, dunque molto inferiore al 10% registrato dalla materia prima. Una situazione fotografata anche da Nomisma Energia che stima in almeno 2,5-3 centesimi al litro il «sovrapprezzo» dei listini italiani rispetto al prezzo ottimale. A pesare su questa differenza, spiega Davide Tabarelli esperto tariffario e responsabile di Nomisma Energia, il comportamento delle compagnie che «stanno aggiustando i prezzi al ribasso con lentezza per due ragioni: temono che la flessione del greggio sia momentanea e devono recuperare i bassi margini incassati su gran parte del 2007». «Occorre infatti ricordare - prosegue l'esperto - che la pressioni e la moral suasion ( la pressione amichevole ndr) dei mesi scorsi, da parte di Antitrust e Governo, ha indotto le compagnie a tenere bassi i margini quando i prezzi internazionali salivano. Non solo. L'Eni ha potuto mantenere prezzi relativamente bassi, su richiesta più o meno diretta del governo che rimane il suo principale azionista. Mentre le altre compagnie minori e non presenti in altri settori energetici ad alto profitto, hanno guadagnato poco e ora cercano con prezzi in discesa, di recuperare leggermente».