Filippo Caleri f.caleri@iltempo.it Nel giorno in cui il ...
Le due società hanno firmato un ulteriore accordo per una società paritetica incaricata dello studio di fattibilità e commerciabilità del progetto. La sigla sui documenti è stata apposta dall'ad dell'Eni Paolo Scaroni e dal suo collega Alexei Miller. Ma a benedire politicamente l'intesa ieri nella capitale russa c'erano il premier Romano Prodi e il presidente russo Vladimir Putin. «Un'infrastruttura del genere, che attraversa sei-sette-otto Paesi, richiede un intenso lavoro commercial-diplomatico che non possiamo affrontare da soli: ecco per quale motivo conta la politica», ha spiegato Scaroni. Se i costi non sono stati definiti per i tempi, Scaroni ha detto di considerare «ragionevoli» tre anni dopo tutte le autorizzazioni necessarie, ma comunque dal 2013 sono previste le prime forniture. Il South Stream prevede l'attraversamento del Mar Nero dalla costa russa di Beregovaia a quella bulgara, con un percorso di 900 km ad una profondità massima di oltre 2.000 metri. Dalla Bulgaria dovrebbero partire due rami, uno verso Nord-ovest (Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Austria) e uno verso sud-ovest (Grecia e Italia, in Puglia). La sua capacità sarà di 30 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Abbastanza per garantire un approvigionamento sufficiente anche all'Italia negli anni a venire. Per ora, infatti, si viaggia con la spia della riserva accesa. Lo ha confermato ieri Bersani al consiglio competitività Ue: L'Italia ha «predisposto per tempo le misure per ottenere un eventuale contenimento dei consumi. Ma il vero thrilling riguarda non tanto la situazione attuale, ma vedere quanto la coda dell'inverno sarà lunga e fredda». L'Antitrust e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas hanno sentito però puzza di bruciato. E hanno acceso ieri un faro sul sistema nazionale degli stoccaggi del gas, su cui permangono «forti criticità », con il conseguente rischio black-out.