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di GIULIO STRADA LA GUERRA del metano segna un altro punto a vantaggio della Gazprom, il colosso energetico russo.

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Ieri, infatti, la Bielorussia che si era opposta all'aumento delle tariffe del gas e che per questo nei mesi scorsi aveva avviato un braccio di ferro sui prezzi da pagare a Mosca ha ceduto all'ultimatum della Russia. I negoziatori di Minsk hanno dovuto accettare quello che il premier bielorusso Serghei Sidorski ha definito un accordo «dai termini spiacevoli», sottoscritto «in un'atmosfera pesante». Così a partire da ieri il prezzo del metano russo raddoppierà per i bielorussi, passando dagli attuali 46 dollari a 100 dollari per mille metri cubi. Non solo. Il colosso monopolista del gas potrà acquisire il 50% delle azioni di Beltransgaz, l'operatore di Mink dei gasdotti, al prezzo di 2,5 miliardi di dollari scaglionati in quattro anni. Poche le soddisfazioni per l'ex repubblica sovietica nella trattativa. I russi hanno concesso a Minsk solo un contentino e, in particolare, il raddoppio delle tariffe sul transito del metano russo destinato all'Europa occidentale, che passeranno da 0,75 a 1,45 dollari ogni 100 chilometri di tubi per mille metri cubi di gas. Ben poca cosa anche il fatto che che le posizioni di partenza russe erano anche più rigide, con aumenti per il gas fino a 105 dollari e un'offerta per Beltrangaz non superiore ai due miliardi di dollari. Altra condizione che soddisfa solo in parte i bielorussi la circostanza che, comunque il metano diretto ai bielorussi è il più a buon mercato nell'area ex sovietica, dopo i rincari fra i 130 dollari dell'Ucraina e i 235 della Georgia decisi nel 2006 da Gazprom. Per l'economia di Minsk, che basa la sua crescita sui privilegi del rapporto speciale con Mosca, le ripercussioni saranno comunque pesanti, e si aggiungono alla perdita di un'altra gentile concessione russa, l'esenzione doganale sull'import del greggio. La lavorazione di quel petrolio e la vendita all'estero dei prodotti raffinati formano una colonna importante del bilancio bielorusso, oltre ad attirare gli investimenti dei privati russi negli impianti petrolchimici del paese.

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