di LEONARDO VENTURA LA CORSA al rialzo dei tassi di interesse potrebbe finire.
E anche se le Borse e gli operatori sui cambi valutari resteranno probabilmente cauti in attesa della decisione, pochissimi scommettono su un ritocco del costo del denaro: il presidente della banca centrale, Ben S. Bernanke, con ogni probabilità manterrà i tassi in stand-by al livello attuale del 5,25%. Un segnale importante per l'altra sponda dell'Oceano, e più in particolare per il presidente della Banca Centrale Europea, Jean Claude Trichet, che giovedì scorso ha rispettato le attese e ha portato il tasso ufficiale dell'euro al 3,5%. Una mossa motivata dalla necessità di tenere a bada l'inflazione che potrebbe riaccendersi a causa della ripresa ormai consolidata, ma legata anche alla volontà della Eurotower di ridurre la forbice dei tassi tra Usa ed Europa. All'indirizzo del numero uno della Bce non sono mancate le critiche da parte degli esponenti della politica e dei rappresentanti di sindacati e imprese. Tutti preoccupati della conseguenze che l'euro, reso più forte dalla decisione, avrebbe potuto avere sulla crescita, sull'export e sull'indebitamento delle famiglie. Insomma il temporaneo stand-by di Bernanke potrebbe far dissuare sul nascere tentazioni di agire ancora sulla leva monetaria in Europa. Non per questo, però, i mercati presteranno scarsa attenzione alla riunione del Federal Open Market Committee. Quel che interesserà agli operatori sarà, infatti, ciò che emergerà su come la Fed vede l'evolversi dell'economia statunitense. In particolare le valutazioni sul futuro del motore economico americano e se davvero gli Usa riusciranno a uscire dal boom economico degli ultimi anni attraverso un atterraggio morbido, evitando scossoni troppo bruschi. E la cautela del mercato - avvertono alcuni analisti citati dall'agenzia Reuters - potrebbe anche protrarsi fino a venerdì 15, quando gli Usa pubblicheranno il dato sull'inflazione nel mese di novembre: se sarà bassa sarà la conferma che i consumi degli americani potranno reggere, nonostante il forte ridimensionamento in atto nel mercato immobiliare. Quel che è certo, finora, è che gli investitori - come riporta anche il Financial Times - hanno ridotto lievemente le loro aspettative per un taglio dei tassi d'interesse all'inizio del prossimo anno. Merito dei dati, migliori delle attese, sul mercato del lavoro, che sembrano confermare le valutazioni di Bernanke, e cioè che finora le istituzioni statunitensi, dalla Fed stessa al dipartimento del Tesoro, stanno riuscendo a mantenere il rallentamento economico degli Usa entro i confini di un atterraggio morbido, e che quindi non è urgente un taglio del costo del denaro. Il mercato dei futures sui tassi di interesse ha infatti ridotto al 25%, dal 45% precedente alla pubblicazione dei dati, la probabilità implicita di un taglio di un quarto di punto percentuale del costo del denaro entro aprile. Prima ancora dei dati sui prezzi al consumo di venerdì, tuttavia, Wall Street presterà grande attenzione al meeting dell'Opec in programma giovedì in Nigeria: l'atteso taglio alla produzione potrebbe far salire i prezzi petroliferi (che tuttavia già prezzano il probabile aumento), mettendo ulteriore pressione sui prezzi e suggerendo alla Fed un atteggiamento ancora più prudente, prima di aprire con decisione a una politica monetaria espansiva.