Giornalisti/ Il comunicato della Fieg
Dopo aver già proclamato 13 giorni di sciopero negli ultimi 12 mesi, vi saranno altre astensioni dal lavoro per altri giorni entro la fine del 2006. I giornalisti ne attribuiscono la responsabilità agli editori e le loro istanze hanno trovato sostegno in alcune parti del mondo politico. La Fieg desidera spiegare il suo punto di vista. Il nostro mestiere è informarvi. I nostri ricavi derivano dalla vendita delle copie, che copre solo una parte dei costi, e soprattutto dalla pubblicità. Oggi i vecchi equilibri sono sconvolti. Nascono nuovi strumenti di informazione che utilizzano tecnologie sofisticate, caratterizzati da costi di gestione limitati, ma che richiedono ingenti investimenti ed appartengono ad imprese che operano a livello mondiale. Assorbono crescenti quote del mercato pubblicitario, lo destabilizzano, ne cambiano tutte le regole. É una rivoluzione in tutto il mondo. In America, Inghilterra e in altri paesi europei molte testate giornalistiche hanno chiuso e molti giornalisti sono rimasti senza lavoro. Di fronte a tutto questo il Sindacato ha riproposto uno schema vecchio e tradizionale di ulteriori rigidità e condizionamenti organizzativi, che inverte il maggior senso di responsabilità manifestato negli ultimi due contratti. Al centro della vertenza più che un problema retributivo (un significativo aumento era stato già proposto dagli editori un anno fa) vi sono richieste che mirano a uno stravolgimento dei ruoli, a esautorare i direttori, a limitare gli editori al ruolo di pagatori e a snaturare la disciplina del lavoro autonomo. Gli editori non possono accettare questa impostazione e replicano chiedendo di poter assicurare un futuro di crescita e sviluppo alle imprese editoriali grazie ad alcuni elementi di maggior flessibilità del lavoro e ad un raffreddamento degli automatismi retributivi: oggi i giornalisti godono di scatti biennali che da soli portano nel corso della carriera al raddoppio automatico della retribuzione di base, al di fuori degli aumenti stabiliti nei rinnovi contrattuali e a prescindere da qualsiasi merito. Quegli stessi scatti che il Governo vuole limitare a categorie del pubblico impiego che godono di retribuzioni infinitamente più basse. Gli editori non intendono esasperare il conflitto, ma non possono avviare un dialogo con la controparte se questa non comprende il fatto che scelte ed accordi inadeguati si rifletteranno pesantemente sul futuro e aumenteranno i rischi che tutto il mondo della comunicazione sta correndo. Gli editori stanno difendendo non solo il posto di lavoro dei giornalisti, ma anche quello delle altre categorie che operano nel settore e che da tempo hanno concordato diverse regole e comportamenti per garantire la vita e lo sviluppo delle aziende. Soprattutto gli editori stanno difendendo la libertà di stampa e il diritto di tutti a essere informati e a continuare a leggere questo giornale in futuro.