Il commento
Paoloha posto in evidenza l'opportunità di ulteriori alleanze che investano anche componenti del Credito Popolare. L'attenzione degli analisti si è già focalizzata sulle caratteristiche economico-istituzionali delle Banche, anche attraverso l'esame dettagliato delle più recenti performance gestionali delle Popolari quotate. Le analisi, però, lasciano insoddisfatti. La carenza più vistosa è che non valutano correttamente il rapporto tra la specifica identità delle Banche Popolari, che intreccia natura cooperativa e vocazione al "localismo", e la loro performance economica. La rilevante crescita dimensionale realizzata negli scorsi anni da alcune di esse, infatti, andrebbe interpretata alla luce degli elementi cardine, che, da sempre, contraddistinguono il modello "Popolare". Lungi dal limitarne lo sviluppo, essi si sono rivelati, al contrario, "driver" fondamentali di espansione. L'eccessiva insistenza di certe analisi sulla redditività di breve periodo e su alcuni parametri di efficienza operativa e di produttività, la capacità segnaletica dei quali è sempre limitata e dunque opinabile, mette in secondo piano gli importanti risultati complessivi raggiunti dalle Banche Popolari. Infatti, nella funzione-obiettivo dell'impresa "Popolare", la stabile e soddisfacente remunerazione degli azionisti si combina con la volontà di compiere interventi per favorire il progresso della collettività nelle economie locali servite, generalmente connotate da un'intensa presenza di Pmi. Il successo ottenuto complessivamente dalle Banche Popolari è comprovato: dalla costante crescita della quota della raccolta e dei crediti, che ha raggiunto un quinto del mercato nazionale, superando il dato medio del credito cooperativo in Europa, prossimo al 16%; da una compagine sociale costantemente superiore al milione di unità; dal meno volatile andamento nel tempo dei corsi delle azioni delle Popolari quotate rispetto a quello delle Banche Spa. Simili risultati non avrebbero potuto essere ottenuti in assenza di un fondamentale equilibrio tra strategia aziendale (di lungo periodo) e coinvolgimento degli "stakeholders". In quest'ottica, la massimizzazione della profittabilità nel lungo periodo, la robusta capitalizzazione e l'assiduo impegno in iniziative di carattere sociale sono elementi necessari per conferire alla Popolare un ruolo di primo piano nello sviluppo delle aree servite. Le maggiori Banche Popolari, che per larga parte della loro ultracentenaria storia hanno agito solo nei ristretti contesti originari, negli ultimi 15 anni, in virtù di una crescita per linee interne, sono oggi attive in un vasto numero di sistemi produttivi locali e hanno saputo preservare e valorizzare le strette relazioni con la clientela di riferimento presente nei diversi contesti. L'esame delle principali tendenze di questi istituti ne conferma, in primo luogo, l'elevata efficienza nell'allocazione del credito: gli indicatori di rischiosità si mostrano tradizionalmente inferiori a quelli degli altri istituti di credito, pur se riferiti a un portafoglio caratterizzato dalla prevalente presenza di imprese di minori dimensioni, alle quali le Popolari destinano una quota di crediti doppia rispetto al sistema bancario. L'allarme generato da isolati casi di scorretta "governance" non deve, quindi, offuscare i risultati conseguiti dalla gran parte della Categoria, ingenerando l'erronea convinzione della necessità di alterare l'identità delle Popolari. Escludendo tali avvenimenti eccezionali, infatti, la redditività complessiva (Roe) della Categoria, e più in particolare delle Popolari quotate, risulta storicamente in linea con la media del settore bancario. Pertanto, la gestione "paziente" delle ampie risorse patrimoniali, ispirata da politiche di lungo periodo, non costituisce, di per se, ostacolo all'ordinato ed efficiente sviluppo dell'attività creditizia. La volontà è di proseguire lungo questa strada. Come recentemente af