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Alitalia in crisi, si allarga il fronte anti-Cimoli

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Quattro ministri chiedono le dimissioni del numero uno della società. Critiche anche dall'opposizione

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Il mini ribalzo di borsa (+1,27%), dopo il crollo di oltre 10 punti segnato ieri, non ferma le polemiche. Si è ormai ampliato il fronte di chi chiede la testa del numero uno della compagnia. Dal Governo - in prima fila il vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli (Margherita), i ministri Antonio Di Pietro (Idv), Alessandro Bianchi (Pdci) e Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi) - alla politica, ai sindacati, sono state numerose, ieri, le voci che si sono alzate per chiedere le dimissioni del numero uno della società. Una questione che, dopo la semestrale e il crollo in Borsa, è diventata emergenza e che il premier Romano Prodi, una volta rientrato dalla Cina, dovrà riesaminare assieme al ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, che agli inizi di agosto ha riconfermato la fiducia a Cimoli (il Tesoro ha il 49% della compagnia). Cimoli si difende affermando che Alitalia può ancora salvarsi se ognuno fa la sua parte e se migliorano le condizioni congiunturali e annuncia che la revisione del piano industriale, che sarà sottoposta presto ai sindacati, è ragionevole, praticabile e non impossibile. Ma sono parole che ormai non sembrano bastare. Per l'Alitalia è necessario un «impulso forte» e «un riordino molto radicale dei vertici», secondo Rutelli, il che vuole dire «fare una scelta coraggiosa» ad avviso del ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio perchè i conti dimostrano, sottolinea il titolare delle Infrastrutture Di Pietro, che «chi sta al vertice non è in grado di gestire l'azienda e va rimosso per inadempienza, ma senza usare altri soldi dei cittadini» come fatto per cambiare il numero uno delle Ferrovie. Alitalia «è davvero ad un passo dal punto di non ritorno» ha detto il leader della Cgil, Guglielmo Epifani «per colpa di chi l'ha condotta a questo punto» e i dati della compagnia «danno ragione al sindacato che diceva che quelli forniti dall'azienda non corrispondevano a quelli reali». Osservazione fatta anche dall'ex ministro di centrodestra Gianni Alemanno (An) che chiede un vertice «in grado di ragionare pensando a competitività e sviluppo». E si è detto «sconcertato» dalla richiesta del vertice dell'Alitalia di ulteriori sacrifici a carico dei lavoratori il segretario nazionale responsabile trasporto aereo della Fit-Cisl Claudio Genovesi visto che «i contratti sono bloccati da anni e l'unica cosa che cresce in Alitalia è lo stipendio che si attribuisce il management, pur in presenza di risultati tanto negativi». D'accordo sugli errori commessi nelle strategie aziendali, anche il sottosegretario ai Trasporti Andrea Annunziata (Margherita) secondo cui il management «non ha dimostrato una capacità vera di rilancio» quindi «Cimoli va sostituito con un manager del settore aereo». Il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, chiede a Padoa Schioppa di rimuovere Cimoli artefice, secondo il capogruppo Pdci alla Camera, Pino Sgobio, «della incomunicabilità tra vertice e lavoratori». Opinione che trova d'accordo Mauro Fabris, capogruppo Popolari Udeur alla Camera. La compagnia dovrà subito cambiare rotta in quanto il Paese non può perdere il vettore nazionale, ha osservato Rutelli indicando che occorre «una strategia industriale per far entrare partner privati» e dopo «definire alleanze internazionali che non siano europee, in quanto sono paesi concorrenti ma, piuttosto, con paesi asiatici». Un percorso già indicato dal ministro Bianchi («i mercati dell'Estremo Oriente sono uno degli obiettivi essenziali per una grande compagnia, diversamente chiudersi in Europa sarebbe come chiudersi in un Paese») e dal viceministro ai Trasporti, il Ds Cesare De Piccoli («occorrono soci industriali, preferibilmente italiani»).

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