di FILIPPO CALERI PER ORA la fusione tra Intesa e San PaoloImi va bene.
E metterà al lavoro due advisor finanziari e uno legale per mettere sotto esame non solo lo scambio dei titoli tra gli azionisti ma anche la gestione aziendale. Questa la posizione della Compagnia di San Paolo, principale azionista dell'istituto di piazza San Carlo con il 14%, che ieri ha riunito il comitato di gestione per trovare una linea di intervento e placare i malumori che nei giorni scorsi erano affiorati tra i membri. Il risultato è stato ottenuto e l'unità ritrovata con le altre Fondazioni socie di Torino: Cassa di Padova e Rovigo e Cassa di Bologna. Le diplomazie al lavoro da giorni hanno ricompattato le posizioni e tutti, al termine dell'incontro, hanno parlato di «riunione pacata e costruttiva». Se era scontato il giudizio positivo sull'operazione, meno certo era il comunicato con il quale si è conclusa la riunione. «Il Comitato - spiega la nota - ha manifestato la più assoluta unità di intenti, con l'orientamento di garantire prioritariamente, nell'ambito della fusione tra pari, la posizione della Compagnia come azionista, e con essa le ragioni della Banca conferitaria e del territorio di riferimento della fondazione, esprimendo un apprezzamento di fondo per le prospettive che l'operazione apre». A Villa Abegg, sede dell'incontro di ieri i vertici della banca si sono presentati al gran completo: il presidente Enrico Salza, l'amministratore delegato Alfonso Iozzo, il direttore generale Pietro Modiano, affiancati dagli esponenti dell'advisor Citigroup. È stato Salza a illustrare le linee dell'operazione, mettendo in rilievo le ricadute positive per Torino e per il Paese. Anche alla luce delle critiche mosse nei giorni scorsi da alcuni esponenti della Compagnia, come il vicepresidente Carlo Callieri, ai manager dell'istituto di piazza San Carlo, Franzo Grande Stevens ha chiesto di avere un'informazione puntuale e tempestiva sull'avanzamento dell'operazione. La decisione di nominare gli advisor conferma la volontà della Compagnia di non accettare a scatola chiusa le decisioni dei manager, ma di andare fino in fondo per verificare se i criteri adottati nella definizione del concambio sono corretti. Ma si tratta anche di andare fino in fondo sul problema delle regole e delle deleghe all'interno dei comitati di gestione e di sorveglianza del gruppo che nascerà dalla fusione. L'intenzione - hanno ribadito ieri alcuni esponenti del Comitato di gestione - è tutelare gli interessi di un azionista che ha obiettivi non solo di carattere finanziari, con un occhio vigile alle ricadute sociali ed economiche dell'operazione su Torino. Degli advisor (al momento l'unico nome certo sembra quello di Rothschild) Grande Stevens ne parlerà mercoledì, probabilmente a Milano, con i vertici delle altre Fondazioni.