Le mosse degli stranieri
E se dal Credit Agricole, primo socio di Intesa con il 17,8% circa, è arrivato ieri un «benvenuto all'apertura delle trattative formali» tra Milano e Torino, dal Santander di Emilio Botin, primo azionista del San Paolo con l'8,4%, trapela solo un «no comment» sull'operazione e il valore della plusvalenza potenziale in caso di cessione della quota, pari a 1,2 miliardi di euro. Madrid, che oggi invierà a Torino i suoi tre consiglieri (Manuel Josè Varela, Ettore Gotti Tedeschi e Alfredo Saenz, l'amministratore delegato del gruppo), non cambia dunque l'atteggiamento di freddezza manifestato già l'altro ieri quando aveva scelto la via del silenzio, sottolineando che la fusione «non è la nostra». Un silenzio che riporta - si è fatto notare a Madrid - alle parole del 27 luglio scorso, quando l'ad del Santander aveva parlato di «interesse a crescere» nel San Paolo. L'esatto contrario di quanto avverrà in caso di fusione, con la diluizione di Madrid al 4% circa del nuovo polo. Così anche sulla stampa spagnola si è scommesso su un'uscita del Santander, magari in occasione della scadenza del «patto di unità d'intenti» nella prossima primavera. Ieri Madrid ha anche reso noto l'ammontare della plusvalenza potenziale della sua partecipazione in San Paolo, circa 1,2 miliardi di euro. Un dato diffuso ufficialmente per correggere alcune imprecisioni di stampa (la plusvalenza era stata valutata tra gli 0,8 e gli 1,1 miliardi di euro) e che però non ha fatto che accentuare l'impressione della grande stizza spagnola. Per contare, in San Paolo, al Santander non resterebbe che lanciare un'opa su Piazza San Carlo, una sorta di extrema ratio che però troverebbe di fronte un quadro politico-finanziario compatto a favore delle nozze Torino e Milano. Tra i due «grandi stranieri» presenti nell'azionariato di Intesa e San Paolo sono dunque i francesi dell'Agricole quelli che hanno assunto un atteggiamento più positivo verso la fusione. In un comunicato, ieri, hanno dato «il benvenuto all'apertura di trattative formali tra Intesa e SanPaolo Imi». Il progetto - si aggiunge però - verrà esaminato attentamente «in tutti i dettagli» per esaminarne il valore per tutti gli «stakeholder» È possibile che alla «Banque Verte» - che detiene un potere di veto sulle operazioni straordinarie di Intesa e che ha dato disco verde senza pretese di crescita nel nuovo gruppo - vengano accordate anche alcune contropartite in cambio del ridimensionamento nell'azionariato di Intesa-SanPaolo. Da primo azionista di Intesa con quasi il 18%, i francesi si vedrebbero diluire a meno del 9% e si troverebbe di fronte il «blocco» delle Fondazioni al 22% circa, e il 4% delle Generali. Una «diminutio» che potrebbe venire compensata, secondo alcuni, cedendo all'istituto francese una quota degli sportelli che dovranno essere dismessi (tra i 300 e i 600) al momento dell'uscita da un gruppo nel quale, comunque, non avrebbero più il peso decisionale che avevano in Banca Intesa.