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Di Pietro apre su Autostrade

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«Il governo italiano - ha detto Antonio Di Pietro al quotidiano spagnolo, come riporta l'agenzia Afp - si opporrà al trasferimento della concessione dall'attuale titolare (il gruppo Autostrade) a un altro (la futura Abertis dopo la fusione con Autostrade) fino a quando non saranno risolti i problemi legati alla convenzione siglata con Autostrade per l'Italia». La strada potrebbe essere quella di riaprire il confronto già avviato con la società, e gestito dall'Anas, per introdurre correttivi alla convenzione che regola il rapporto con la società operativa del gruppo Autostrade, Autostrade per l'Italia, titolare di concessioni per 3.400 chilometri di rete autostradale, il 52% delle autostrade italiane. Il confronto si è interrotto il 4 agosto, quando l'Anas ha comunicato alla società la decisione dei ministri delle Infrastrutture e dell'Economia di non autorizzare l'operazione. L'obiettivo era recepire nella convenzione, con un accordo da formalizzare in un quinto atto aggiuntivo, misure che il ministro Di Pietro aveva indicato come necessarie in vista della fusione, per tutelare gli interessi pubblici legati a gestione e investimenti per le autostrade in concessione. Ma a quel punto il confronto si è interrotto. Il ministro delle infrastrutture e trasporti replica ancora alle accuse di protezionismo, ribadendo che il problema non è la fusione con un gruppo straniero, ma ben altro. «Il governo italiano non si è assolutamente opposto all'offerta presentata da Abertis» ha detto, ma ai contenuti della concessione «che dovrà essere rivista» per la mancanza di garanzie a tutela dell'interesse pubblico. Il no del governo italiano all'operazione è motivato dalla presenza, nell'azionariato di Abertis quindi anche nel gruppo italo-spagnolo dopo la fusione, di una società di costruzioni, la spagnola Acs. Di Pietro lo ha ribadito ancora una volta ieri: «Le norme - ha detto - sono chiare: non si possono vendere quote ad una società di costruzioni, perchè finirebbero per tirar su strade che dovranno poi gestire. Insomma, un conflitto di interessi. Le nostre regole valgono per gli italiani come per gli spagnoli».

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