Bpi, parte la sfida tra le Popolari
In corsa per l'aggregazione Bpm, Bper e Bpvn. Esclusi i colossi stranieri
Le proposte dei tre candidati (Popolare Emilia Romagna, Popolare Verona e Novara e Popolare di Milano) sono infatti già definite nelle linee fondamentali e saranno valutate dai due advisor Mediobanca e Rotschild nei prossimi giorni. L'obiettivo, riferiscono diverse fonti, è quello di poter arrivare a possedere a un quadro preciso in tempi brevi, magari già nel cda previsto per il 31 agosto o nei primi giorni di settembre. A quella data il consiglio potrà esaminare la valutazione, non vincolante, dei due advisor e decidere se continuare in autonomia o optare per un'aggregazione. Sventata l'ipotesi di aggregazioni con istituti stranieri o grandi gruppi nazionali, lo «zoccolo duro» dei soci ha così accettato una rosa ristretta di tre nomi di popolari. La scelta comunque appare non facile: oltre agli aspetti strettamente economici legati alla capitalizzazione dei pretendenti e al valore dell'offerta infatti, entrano in gioco considerazioni di tipo organizzativo e di governo societario. La Banca Popolare di Milano, che da mesi corteggia la Bpi grazie all'abile rete di contatti intessuta dal presidente Roberto Mazzotta, avrebbe pensato a un'offerta carta contro carta. Il concambio sarebbe così quasi paritetico (in Borsa il titolo Bpm è sceso dell'1,43% a 9,74). A frenare i piani di Mazzotta sono però la vicinanza geografica fra le due banche che porterebbe inevitabilmente a un ridimensionamento della sede centrale di Lodi ma soprattutto la forza nella governance dei soci-dipendenti di Bpm. Altro candidato in pole position è la Popolare Verona e Novara che però ha un capitalizzazione di oltre 8 miliardi contro gli oltre 6 della Bpi. La banca ha una robusta forza finanziaria che potrebbe consentirle di fare un'offerta parte carta e parte contanti in grado di convincere gli azionisti riottosi. La Bpvn per la sua taglia e per il ruolo importante rivestito dalla componente veneta finirebbe però per diluire l'autonomia della Bpi. Infine la Emilia Romagna. Anch'essa dotata di capitali e ben patrimonializzata, con un legame strettissimo con le imprese. Nel consiglio siedono infatti big dell'industria come Luigi Cremonini, Erminio Spallanzani e Alessandro Fagioli, a capo di una multinazionale nel settore dei trasporti. La Bper sarebbe in grado di formulare un'offerta per il 20% in contanti e il resto in azioni.