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di GIOVANNI LOMBARDO NON solo la Banca Popolare di Milano.

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La banca lodigiana, incassato il successo dell'aumento di capitale (concluso ieri con adesioni pari al 98,4% per un ammontare di 707,6 milioni), è pronta a valutare eventuali intese, ma senza fretta. L'opzione Bpm (che oggi presenta il nuovo piano industriale) non è l'unico scenario aperto. L'amministratore delegato della ex Lodi, Divo Gronchi, ha ricevuto approcci anche da altri istituti popolari italiani e da banche straniere. Anche se, secondo l'agenzia Standard and Poor's, eventuali aggregazioni della ex Lodi sono rimandate al 2007 quando sarà chiusa la fase più intensa del risanamento del gruppo. L'interesse da parte di altre Popolari (si parla di Popolare Emilia Romagna, Popolare Verona e Novara e Popolare Vicenza) più vicine alla base dei soci rispetto ai grandi colossi bancari francesi tedeschi o spagnoli, fornisce a Gronchi un'arma in più nel «corteggiamento» avviato dal presidente di Bpm, Roberto Mazzotta. Corteggiamento che può contare su alcuni settori dei vertici Bpi e su un crescente sostegno di parte dell'azionariato non lodigiano. Un consenso quest'ultimo necessario per una banca governata dal voto capitario (un voto per ogni socio indipendentemente dal numero di titoli posseduti). L'ad della Bpi tuttavia sembra voler proseguire nella strada tracciata dal piano stilato con il direttore generale Baronio: ristrutturazione nel 2006 riorganizzando la struttura societaria (con la fusione delle controllare Bipielle investimenti e Reti Bancarie Holding) e poi crescita nel 2007. Con una banca più sana, di nuovo in crescita e contesa da altri istituti, la Bpi potrebbe sedersi al tavolo delle trattative da una posizione di forza maggiore.

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