Eni cresce in Egitto e raddoppia gli impianti
E lo fa da un lato costruendo il secondo impianto a Damietta per la liquefazione del gas naturale e dall'altro firmando una nuova concessione per la ricerca del metano nell'area di El-Bougaz, nell'offshore del Mediterraneo. Un modo concreto, quello scelto dall'ad Paolo Scaroni e dal presidente Roberto Poli, per riempire di significati operativi un anniversario comunque importante, i cinquant'anni di attività dell'azienda italiana sul suolo egiziano. Ieri al Cairo la firma dell'accordo fra lo stesso Scaroni e il ministro del petrolio Sameh Fahmi. La concessione esplorativa riguarda una zona dalla quale, spiega Scaroni, ci si aspetta molto. Con il prodotto estratto si intende rifornire appunto il secondo «treno» per la liquefazione del gas di Damietta. E siamo all'aspetto più interessante della collaborazione italo-egiziana, destinata a rafforzare il primato di Eni a livello europeo nel campo del Gnl. I lavori per la costruzione dell'impianto dovrebbero iniziare nel marzo 2007, subito dopo la decisione sull'investimento finale; per la fine del 2009 l'opera dovrebbe essere completata raddoppiando le capacità di Damietta e portando la struttura a una capacità di trattamento di oltre 15 miliardi di metri cubi di gas all'anno per oltre 20 anni. Per la realizzazione dell'impianto verrà costituita una società dedicata i cui partener saranno Eni, Union Fenosa, Segas, Bp, Egas ed Egpc. Da notare che gli inglesi di Bp non erano presenti nella joint venture del primo «treno»: «Non c'è da stupirsi - spiega Scaroni - con Bp siamo partner in molte concessioni estrattive ed esplorative e saremo i fornitori di gas per il nuovo impianto». Comunque notevoli i costi dell'investimento: si parla di una cifra che oscilla intorno al miliardo e mezzo di dollari, certo non coperta esclusivamente da Eni, e che si va ad aggiungere agli oltre 6.5 miliardi di dollari spesi dall'azienda in Egitto fino a oggi. Il premio in compenso è stato il ruolo di primissimo piano che Eni ha raggiunto nel paese africano, in cui è di gran lunga il primo operatore internazionale nel settore degli idrocarburi. Basti dire, citando qualche numero, che la produzione nel 2005 ha rappresentato il 34% dell'output complessivo egiziano e che, da quando cinquant'anni fa per primo Enrico Mattei camminava su queste sabbie suscitando le ire delle «Sette Sorelle» del petrolio, Eni ha prodotto qualcosa come 3.45 miliardi di barili di olio equivalente. Ancor meglio si prevede di fare nel 2007, quando si spera di arrivare a produrre 240 mila barili di olio al giorno. Soddisfatto naturalmente Scaroni, che spiega come «per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento dell'energia passa il futuro delle aziende del settore». Ancora non si è deciso come e dove vendere il Gnl che verrà prodotto dal secondo «treno» di liquefazione di Damietta, ma certo è che adesso il dibattito sulla costruzione di nuovi rigassificatori anche in Italia - tema come è noto molto caro all'ad di Eni - si fa più attuale che mai. Intanto il mercato privilegiato per Eni resta proprio l'Egitto: «Il paese avrà sempre da Eni tutto il gas di cui avrà bisogno», spiega Scaroni in inglese ai colleghi egiziani. Che i rapporti con l'azienda italiana del resto siano ottimi lo testimonia anche il ministro Fahmi. Che aggiunge: «L'Egitto vuol diventare uno dei maggiori produttori di gas naturale al mondo: è attualmente al sedicesimo posto come riserve e al sesto come produttore, e vogliamo ancora migliorare incrementando le ricerche». I sondaggi della stessa Eni nella South Valley vanno in questa direzione.