Banche italiane troppo piccole
I big europei fatturano cinque volte di più dei campioni del credito nazionali
La loro dimensione resta, infatti, ancora minuscola rispetto a quella dei principali istituti internazionali. È quanto emerge dall'edizione 2005 dell'analisi sulle maggiori banche mondiali realizzata da R&S Mediobanca e presentata ieri a Milano. Sono i numeri a spiegare meglio delle parole il nanismo presentato dagli operatori del credito nazionali. Nel 2004, ad esempio, l'attivo di Banca Intesa è stato di 275 miliardi di euro, Unicredito ha registrato 265 miliardi e San Paolo-Imi 211 miliardi. Valori pari in media a un quinto rispetto ai risultati della svizzera Ubs, la prima banca a livello europeo, che ha iscritto in bilancio nello stesso anno attività per 1.124 miliardi, seguita da Hsbc con 937 miliardi e dal Crèdit Agricole a quota 911 miliardi. Nel 2005, però, Unicredito ha recuperato qualche posizione grazie alla fusione con la tedesca Hvb. I presupposti per la crescita però, almeno quella per via interna ci sono tutti. La ricerca degli economisti di Mediobanca evidenzia come, a partire dal 1998, l'indice dei ricavi operativi delle tre principali banche italiane sia migliorato del 41,3%, rispetto al 58,6% dei maggiori istituti europei. Gli utili netti delle italiane hanno toccato nel primo semestre 2005 il 25,4% sui ricavi, superando il 22,5% delle colleghe europee. Le banche europee evidenziano una dimensione media più elevata, con gli attivi 2004 (504,5 miliardi) a quasi il doppio di quelli delle banche giapponesi (272,2 mld) e di quelle Usa (271,4 mld). A fine 2004 i due gruppi bancari più grandi al mondo sono stati la svizzera Ubs e l'americana Citigroup, ma nel corso del 2005 sono state superate dalla giapponese Mitsubishi Ufj Financial Grop, nata dalla fusione fra il secondo e quarto gruppo del paese. Rapporto Abi. Sempre ieri sono arrivati altri dati sulla situazione presentata dal sistema bancario elaborati dall'Associazione bancaria italiana. I conti delle banche nel 2005 sono andati bene, il settore ha migliorato l'efficienza e gli utili sono saliti in media del 30%, ma la redditività, ovvero l'indice roe (return on equity) che la misura, è salita di poco: appena l'1,80% rispetto all'anno precedente.