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Bpi, Magiste gioca l'ultima carta

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Gli advisor: c'è spazio per un accordo sulla quota Rcs. Lodi insiste sui conti

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I consulenti del gruppo immobiliare di Stefano Ricucci spingono infatti per un accordo in extremis che salvi la società dal fallimento, ma la banca di Lodi, principale creditore che ha in pegno la quota del 14,1% del gruppo editoriale insiste nella richiesta di conti certificati sulla situazione patrimoniale della Magiste. Intanto, ieri sera il Cda della banca guidata da Divo Gronchi ha dato il via libera a un aumento di capitale da 719,4 milioni di euro a sostegno del piano industriale (il prezzo di sottoscrizione delle azioni è stato fissato a 6,8 euro). Dopo mesi di trattative senza esito, la partita sembra ormai arrivata a un punto di svolta: la soluzione potrebbe arrivare lunedì prossimo in occasione del nuovo incontro chiesto dagli advisor di Ricucci. Che sono pronti a definire la bozza di concordato a patto che la Popolare rinunci a 120 milioni di euro di crediti. L'istituto, fanno notare, di fatto ha già svalutato per 150 milioni di euro la posizione con Ricucci, allineando ai prezzi attuali di Borsa la quota di Rcs ricevuta come pegno per il finanziamento da circa 700 milioni di euro. I consulenti hanno illustrato la vicenda ieri ai pm, ma l'orientamento degli inquirenti, a fronte del forte indebitamento del gruppo, è quello di sollecitare la procedura di fallimento. Per quanto riguarda la Bpi, ripetono dal quartier generale a Lodi, non è per principio contraria a un accordo, consapevole che il fallimento della Magiste porterebbe a indubbi svantaggi. Primo fra tutti le difficoltà di vendita sul mercato della quota Rcs. Non vi sono particolari timori invece su eventuali azioni di responsabilità, ma di fatto, ormai la banca è l'unico creditore rimasto della Magiste insieme con il Fisco. Il protrarsi delle trattative e la mancanza di veri conti certificati ha provocato nella Popolare una certa sorpresa trapelata anche nel comunicato di venerdì scorso che, nel definire la bozza di concordato ricevuta «lacunosa e inaffidabile» aveva dato una sorta di ultimatum di pochi giorni alla Magiste per presentare una documentazione seria pena l'avvio della procedura di fallimento.

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