di PINO GIULIETTI LE BANCHE italiane più grandi continueranno a crescere anche nel 2006.
Una tendenza che è stata già confermata nei giorni scorsi dalle trimestrali. In attesa dei numeri del Monte dei Paschi di Siena, le altre quattro grandi sorelle del mondo bancario italiano - Unicredit, Intesa, Sanpaolo Imi e Capitalia - hanno messo a segno un inizio di 2006 da capogiro. Tutte insieme le quattro big del credito hanno archiviato, da gennaio a marzo, 2.897 milioni di euro: 1.357 la solo Unicredit, 751 Intesa, 519 Sanpaolo Imi e 270 Capitalia. Numeri capaci di scatenare nuove voglie di fusioni e acquisizioni e non solo di riempire casseforti sempre più piene di risorse. A scommettere sull'ennesima buona stagione per i nostri istituti di spicco - a Unicredit, Intesa, Mps, Sanpaolo Imi e Capitalia viene aggiunta anche Bnl - è l'agenzia di rating statunitense Fitch pronta a scorgere al loro indirizzo un orizzonte ancora roseo. «Le sei principali banche italiane - spiegano gli analisti americani - sono ben posizionate per migliorare le performance nel 2006 quando potranno cogliere i benefici della loro attenzione su segmenti più redditizi e di strutture operative più efficienti». Nonostante un quadro economico non positivo - ha spiegato l'agenzia americana - i sei istituti hanno riportato forti utili operativi nel 2005 con un Roe medio annuo al di sopra del 16% e, il futuro le vedrà ancora protagoniste. Visti i robusti profitti registrati lo scorso anno e la buona apertura di questo, l'ipotesi di una nuova tornata di matrimoni non appare troppo peregrina. Soprattutto se nella mischia, dopo le indiscrezioni ricorrenti su Intesa, Capitalia, Sanpaolo Imi e Mps si butta anche Unicredit, fresca di fusione con i tedeschi di Hvb. «Finora Unicredit è stata esclusa negli articoli di stampa sul risiko bancario. Concettualmente mi domando perche», si è chiesto venerdì scorso l'amministratore delegato Alessandro Profumo in occasione dell'assemblea dei soci. Se dai vertici di Intesa, l'ad, Corrado Passera ha evitato ogni commento su Capitalia, spiegando come il capitale in eccesso possa essere reinvestito in piccole o medie acquisizioni nel Centro-Est Europa, quello dell'istituto romano, Matteo Arpe, non ha mancato di sottolineare come sul mercato, la sua banca, voglia «essere soggetto attivo» e ha escluso ipotesi di accerchiamento. «Non vedo alcun assedio - ha spiegato presentando i dati del trimestre - Vedo Capitalia ben compatta sulle sue posizioni».