ALLARME CRESCITA
Il petrolio corre, stangata in vistaIl barile a quota 75 dollari. Confcommercio: aumenti di 230 euro a famiglia
Una corsa al rialzo attribuita alla situazione politica internazionale - sullo sfondo la crisi iraniana e l'aumento della domanda, soprattutto da parte dei paesi emergenti, Cina in pole - che tiene sotto scacco la ripresa economica dei paesi dell'Unione europea. L'allarme è stato lanciato anche dal Fondo Monetario Internazionale che ieri ha annunciato che tra i temi principali sul tavolo dei lavori in primavera ci sarà proprio la minaccia alla crescita mondiale dovuta alla corsa dell'oro nero. Ma l'inarrestabile aumento del prezzo del greggio, che già sta intaccando i bilanci dei singoli nuclei familiari, nel 2006 si tradurrà in una stangata da 230 euro. È il monito della Confcommercio, secondo cui il perdurare della situazione potrebbe ridurre gli acquisti delle famiglie e mettere in ginocchio molte imprese. E secondo il centro studi dell'organizzazione dei commercianti le famiglie e le imprese italiane avrebbero in parte già pagato le conseguenze di questi aumenti: «nel solo 2005, anno in cui in media il costo del barile ha superato i 55 dollari (dai 38 del 2004), ogni famiglia ha dovuto spendere per l'acquisto di energia e combustibili circa 210 euro, nonostante una contrazione delle quantità acquistate per i combustibili di circa il 4%». E giù con una previsione a dir poco preoccupante: «un'ulteriore tendenza al rialzo del costo del greggio, che potrebbe toccare nei prossimi mesi anche gli 80 dollari al barile, determinando conseguenze particolarmente negative sul nostro sistema economico fortemente dipendente in termini di approvvigionamento energetico da questa materia prima». E le prime vittime della situazione saranno appunto le famiglie, che dovranno affrontare nuove spese, fino a 230 euro per la sola componente energetica. Non solo: al capitolo energia andranno aggiunti i maggiori costi per l'acquisto di altri beni e servizi, primo tra tutti i trasporti, soprattutto quelli aerei, «il cui prezzo viene influenzato in misura diversa dai maggiori oneri che derivano alle imprese dall'incremento delle spese di produzione e distribuzione». E dopo le famiglie vengono le imprese, che rischieranno «di vedere compromesse le possibilità di consolidare il trend positivo che si sta registrando negli ultimi mesi per fatturato ed ordinativi che, secondo le ultime rilevazioni, segnalano a febbraio incrementi, rispetto allo stesso mese dello scorso anno, pari, rispettivamente, all 8,1% ed al 14,1%». Mentre lo spettro delle tensioni inflazionistiche in Europa «potrebbe spingere la Banca centrale Europea a inasprire la propria politica monetaria con inevitabili aumenti del costo del denaro, situazione che limiterebbe ulteriormente la capacità di spesa delle famiglie italiane che negli ultimi anni hanno fatto un notevole ricorso a mutui, per l'acquisto degli immobili, ed al credito al consumo». Come dire, si prospettano tempi bui. E per il centro studi dell'associazione dei commercianti bisogna anche considerare i possibili effetti negativi sulla finanza pubblica in conseguenza del maggior onere per il debito: «È necessario un confronto tra le parti politiche e sociali allo scopo di intervenire sulle componenti fiscali e parafiscali sul prezzo del gasolio e della benzina al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi sui bilanci delle famiglie e delle imprese derivanti dal caro petrolio. Servono, pertanto, oltre a una nuova politica energetica di carattere strutturale che preveda la riduzione della dipendenza del nostro paese dall'olio combustibile, misure di natura congiunturale da adottare al più presto: riduzione delle accise, meccanismi di sterilizzazione degli aumenti repentini delle quotazioni, restituzione a famiglie e imprese del fiscal drag che produce l'effetto perverso non solo di farci pagare di più, a seguito dell'aumento del costo della materia prima, ma anche di farci pagare una maggiore Iva».