di EMANUELA ZONCU DETERMINATO nel far valere le sue ragioni.
L'immobiliarista ha rivendicato la trasparenza delle sue operazioni finanziarie e negato di aver avuto delle talpe e di essere ricorso ad artifici fuorilegge per tentare la scalata a Rcs. Stefano Ricucci è stato l'ultimo dei quattro arrestati ad essere stato sentito dal gip Orlando Villoni (il magistrato che ha disposto il suo arresto per aggiotaggio nell'ambito dell'inchiesta sulla scalata al Corriere della Sera) e dai pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli. «Ricucci ha risposto a tutte le domande e chiarito lo svolgimento dei fatti. Non siamo affatto pessimisti», così l'avvocato Grazia Volo, che lo difende insieme con il collega Luigi Fischetti. I due legali hanno presentato un'istanza al gip Villoni per chiedere la revoca dell'ordinanza di custodia cautelare o, in subordine, la concessione degli arresti domiciliari, e si accingono a presentare un ricorso al tribunale del riesame per sollecitare la scarcerazione del loro assistito. Nel dettaglio, Ricucci ha respinto l'accusa di aggiotaggio quando gli sono state contestate due operazioni finanziarie che prevedevano il rilascio di finanziamenti da parte di un pool di banche e il trasferimento dei titoli Rcs in pegno alla Bpi a società guidate, secondo la procura, da suoi prestanome: Giovanni Calabrò e Andrea Cocco Revelli. Ricucci ha ammesso di conoscere Vincenzo Tavano, considerato il mediatore tra le «talpe» e l'immobiliarista, e di avere avuto contatti telefonici con lui. L'indagato ha inoltre definito una «battuta» la frase «ci sono tutti gli infermieri» pronunciata nel corso di una telefonata (intercettata dagli investigatori) fatta allo stesso Tavano.