Via libera al bilancio europeo 2007-2013
Chiuso il negoziato per le risorse comunitarie. La Commissione potrà contare su 866 miliardi
Martedì notte si è raggiunto l'accordo che prevede che Bruxelles avrà 866,4 miliardi pari all'1,0455% del prodotto interno lordo comunitario. Molto meno, dunque, rispetto all'iniziale pretesa del presidente della Commissione, Josè Durao Barroso, che aveva avanzato una richiesta di fondi per 994,5 miliardi pari all'1,21 per cento del pil dichiarando che era «il minimo per consentire all'Unione di andare avanti». Gli esecutivi europei alle prese con non floride situazioni nei propri bilanci pubblici non gli hanno creduto. Risultato: i burocrati europei si dovranno accontentare di soli 4 miliardi in più rispetto al limite massimo, 862 miliardi, fissato nell'accordo del dicembre scorso dai leader dei Venticinque. Le risorse aggiuntive saranno destinato per più della metà al capitolo competitività per la crescita e l'occupazione, che include i programmi per i giovani Erasmus e Leonardo, il programma quadro sulla ricerca e le reti di collegamento transeuropee (le cosiddete Ten. Un miliardo di euro andrà anche alla politica estera e di sostegno alla partnership con i paesi che ancora non fanno parte dell'Ue. L'Italia se la cava sostanzialmente bene rispetto ai brividi dell'inizio del negoziato. Come per gli altri partner, infatti, pagherà un pò meno di quel che paga ora dal momento che in percentuale del Pil la spesa anno per anno dal 2007 al 2013 sarà minore di quella attuale, e nei conti del dare e dell'avere con le casse comunitarie il saldo passivo italiano rimarrà percentualmente stabile attorno al valore attuale, pari allo 0,35%. La Gran Bretagna conserva in buona parte, ma in misura decrescente, il privilegio dello sconto di bilancio conquistato a suo tempo da Margaret Thatcher. Legittima, quindi, la soddisfazione espressa ieri Strasburgo dal cancelliere austriaco Wolfgang Schuessel, presidente di turno del Consiglio europeo: «Abbiamo raggiunto un buon compromesso, al limite estremo delle nostre possibilità, nella consapevolezza che l'interesse dell'Unione europea è più importante dei singoli interessi nazionali, questa non dunque è una sconfitta per nessuno bensì un successo di tutti». Non sono mancate le reazioni. Per il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: «È stato un atto di lungimiranza della Germania. Noi siamo riusciti, in un contesto molto complesso e difficile, a conservare più o meno le nostre quote ma ormai lo scenario è più infrastrutture, oppure andiamo a ramengo, più nucleare, più protezionismo, oppure andiamo a ramengo»