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Aumenta l'occupazione ma il Sud frena

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Nel 2005 creati 158 mila nuovi impieghi. Nel Mezzogiorno persi 20 mila posti

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Sul numero dei nuovi posti incide «in misura considerevole», come dice l'Istat, la regolarizzazione degli immigrati. Il tasso di disoccupazione è sceso al 7,7% dall'8,0% del 2004; cresce però il numero degli inattivi, coloro che non cercano occupazione. Resta infine il problema Mezzogiorno: nel Sud sono stati persi 20 mila posti e cresce per il secondo anno consecutivo il numero delle persone che rinunciano a cercare il lavoro. Sono alcuni dei dati diffusi ieri dall'Istituto di statistica sulle forze lavoro nel Paese. Al Sud il tasso di disoccupazione «superiore di tre volte di quello registrato al centro-nord». Aumenta nel Mezzogiorno, soprattutto tra le donne e i giovani, la rinuncia a cercare occupazione. Nel quarto trimestre l'occupazione risulta in crescita dello 0,2% rispetto allo stesso trimestre del 2004, con 56 mila persone occupate in più ma il dato segna «un ulteriore rallentamento del ritmo di crescita - rileva l'Istituto di statistica - rispetto ai trimestri precedenti nei quali gli incrementi erano stati pari a +1,4%, +1%, +0,3%». In numeri assoluti nel quarto trimestre 2005 il numero di occupati è risultato pari a 22.685.000 unità, mentre quello delle persone in cerca di occupazione è pari a 1.980.000. «I dati Istat sull'occupazione confermano il miglioramento del mercato del lavoro dal punto di vista della sua attitudine a includere più persone che in passato a parità di andamento dell'economia - fferma Maurizio Sacconi, sottosegretario al Welfare - Nonostante la crescita zero del 2005 l'occupazione è cresciuta e la disoccupazione è diminuita e soprattutto sono buoni i dati tendenziali che fanno ben sperare per l'anno in corso». Per i sindacati la situazione resta grave. «Non bastano le regolarizzazioni dei lavoratori immigrati a risollevare la grave situazione occupazionale del nostro paese» - sottolinea il segretario confederale della Cisl, Raffaele Bonanni - occorre aprire subito una nuova fase nelle relazioni industriali» e raggiungere «accordi con le imprese per rendere stabile il lavoro».

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