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di GIULIO STRADA PRESIDENTE, recentemente a un Convegno Artigiancassa le è stata posta la domanda su ...

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Lei ha risposto che la più importante incentivazione è il riconoscimento politico, perché? A Lisbona si è creato e sancito il concetto di microimpresa, come volevamo, delimitandone la qualificazione e la dimensione, con il criterio del numero dei dipendenti fino a nove. Considerato che nel Paese questo tipo di impresa rappresenta oltre il 96% del totale si capisce come questa situazione, per un particolare percorso storico e socio-economico, è unicamente italiana e ha garantito al Paese un'ossatura imprenditoriale solida. Il percorso, è ed è stato anche politico, tra ombre e luci, se si pensa che l'unico settore imprenditoriale tutelato dalla nostra Costituzione è l'artigianato. Qualcosa è stato fatto, ma adesso si dovrà ancor meglio scegliere. Non capisco perché si continui a battere sul piccolo non è bello. Il grande, con un manicheismo tutto nostrano, non si inventa e si può anche creare con la rete e l'aggregazione. Che vuol dire, che l'Italia deve scegliere l'artigianato e la micro-impresa e abbandonare il sostegno alle altre dimensioni imprenditoriali? Non scherziamo, il rilancio dell'industria è esiziale per il nostro Paese e anche per l'artigianato che si è sviluppato, soprattutto quello produttivo, (perché quello di servizio è nel nostro Dna) a latere, nel cosiddetto boom degli anni Sessanta, della nostra grande impresa e in qualche misura a latere ne vive. Per quanto mi riguarda, addirittura, sarei per il sostegno pubblico a 10 grandi marchi italiani facilmente riconoscibili. L'opzione nell'industria deve venire su settori specifici e diversificati e sulla qualità, nell'attesa che con la ricerca, l'innovazione e la formazione, si crei una nuova classe imprenditoriale. Comunque, in economia non ci sono assiomi ci vuole inventiva e il vento di bolina e in questi ultimi anni per varie congiunture non siamo stati fortunati. Quindi industria con brand di qualità con la ricerca anche in ambiti finora inesplorati e artigianato e Pmi. Sì e naturalmente turismo. Dobbiamo tornare a produrre, la Spagna è al 3,5, non possiamo, stando alla stima restare all'1 e qualcosa. La scelta della qualità è dimostrabilmente vincente. La Fiat è in ripresa, perché Montezemolo ha scelto segmenti e migliorato il prodotto. In Italia abbiamo abbandonato da tempo la produzione di alcune tecnologie e dobbiamo aspettare, per recuperare, che la ricerca crei nuovi prodotti, nuovi capitani di industria e nuovi spazi. Ma, intanto, non possiamo rimanere con le mani in mano. La nostra forza è la qualità nel Made in Italy e li dobbiamo battere. L'artigianato e la micro-impresa, a cui, al riconoscimento politico va fatto seguire quello giuridico, come avvenuto recentemente sulla 488, con qualche incentivo sul piano fiscale e sulle agevolazioni sugli interessi dove possono avere un grande ruolo Artigiancassa e anche i Confidi, continuerà a dare la base d'impresa. Per l'artigianato basta questo? Naturalmente meno burocrazia, problema ormai stantio, ma che non si riesce a scardinare, Sicurezza e infrastrutture. Per la Sicurezza, andare avanti con il poliziotto di quartiere e non solo. E poi attenzione alla devolution probabilmente costa troppo e non risolve niente sul piano economico, se poi il vero obiettivo è il federalismo fiscale. Sarebbe stata meglio la riforma costituzionale per il riconoscimento dello status speciale a quelle regioni che lo avessero voluto. E gli incentivi fiscali e creditizi?. Gli artigiani, finalmente dopo le certificazioni degli studi di settore non si vedono più attribuita la, pretestuosa, patente di evasori, appioppataci demagogicamente per anni, quindi possiamo affermare in tutta onestà che la pressione fiscale è ancora troppo alta ed è di ostacolo allo sviluppo. Ci si regoli di conseguenza, ogni riforma è apprezzabile in questo campo che riporti il livello fiscale nella media europea. Nel Meridione, poi, ci vuole la fiscalità di vantaggio. Il v

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