Capitalia triplica l'utile e frena sulle fusioni
E si pone come soggetto attivo delle aggregazioni fra le banche auspicate dalla Banca d'Italia e dal governo, che però devono avvenire «senza fretta» e che, malgrado la tempesta giudiziaria che si è abbattuta sul presidente Cesare Geronzi, può contare su un azionariato e un patto di sindacato stabili e bilanciati al loro interno. A pochi giorni dall'interdizione del numero uno per la vicenda Parmalat, l'amministratore delegato Matteo Arpe, delinea il futuro della banca, facendo il punto sul piano industriale lanciato un anno fa. Arpe mette subito in chiaro che delle questioni politiche e delle inchieste giudiziarie non vuole parlare e ricorda come il consiglio di Capitalia abbia ribadito la sua piena fiducia a Geronzi. «Stima, fiducia e supporto», ricorda, sono arrivate anche dal patto di sindacato che raggruppa il 31% del capitale e nel quale, vi sono «ottimi rapporti» con il socio Abn sulla cui possibile uscita entro il mese di ottobre l'ad ha frenato: «le loro dichiarazioni in tale senso non vanno in questa direzione». E anche se gli olandesi dovessero vendere le azioni saranno riassorbite dagli altri soci sindacati senza impatto sul titolo. Per il momento nel consiglio della banca entrerà un rappresentante di Fininvest che detiene l'1% del capitale, al posto del rappresentante della Toro che ha ridotto la sua quota. Il fuoco di fila di analisti e giornalisti si è concentrato sulle ipotesi di aggregazione fra le banche italiane circolate in questi giorni e rafforzate dall'orientamento favorevole del neo governatore Mario Draghi e dal ministro dell'economia Giulio Tremonti nella recente riunione del Cicr. «Non c'è fretta - avverte Arpe - e il mercato italiano ha il grado di maturità per fare un buon lavoro» senza per questo avere la necessità di erigere barriere contro i soggetti esteri. Capitalia farà la sua parte ma, appunto, senza fretta. Non ci saranno aggregazioni (smentita l'ipotesi di nozze con Mediolanum) attuate solo per arrivare a una dimensione in grado di scoraggiare scalate ostili. La logica sarà squisitamente industriale con la creazione di una struttura con un azionariato stabile, ma la contendibilità del gruppo aggiunge intanto valore per gli azionisti. Di possibili offerte in arrivo da parte di banche italiane, che siano Intesa o Sanpaolo, o straniere però Arpe dice di non sapere nulla, non ha dossier di fusioni sul suo tavolo o l'identikit di un partner ideale. «Sono quindici giorni che non si parla d'altro - ha rimarcato - ma non credo ci sia questa fretta». La priorità è dunque quella della crescita interna, linea su cui il gruppo si è mosso negli ultimi anni mettendo a segno una forte pulizia di bilancio che ha permesso, nel 2005, di sfondare la quota di un miliardo di utile netto e far salire i ricavi del 6% a 5,1 miliardi con un dividendo di 0,2 euro pari al 50% del payout. In deciso calo (-59%) le rettifiche e gli accantonamenti, mentre non sono previsti ulteriori correzioni per la vicenda Parmalat che globalmente ha comportato accantonamenti per diverse centinaia di milioni di euro e un danno fra i 100 e i 150 milioni di euro. Presentato come fiore all'occhiello l'operazione Delta2 che prevede l'apertura delle filiali il sabato e alla pausa pranzo, operazione che ha portato nuovi clienti e ora copiata anche da altri istituti. A un anno dalla presentazione del piano industriale 2005-2007 quindi, gli obiettivi di utile per azione al 2007 potrebbero essere rivisti al rialzo grazie ai maggiori ricavi della rete commerciale, al miglioramento del rating che rende meno cari i costi di finanziamento e ai minori costi di rischio. «Il 2005 ci ha mostrato che possiamo superare gli obiettivi», con un trend che prosegue a gennaio. Cessione entro un mese inoltre del 51% di Fineco Assicurazioni per circa 50 milioni di euro, quota per la quale sono arrivate due offerte, una delle quali viene da Fondiaria-Sai.