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Ifil evita l'opa su Fiat, ma il caso va ai giudici

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Sarà la magistratura a decidere sugli eventuali reati informativi commessi per controllare l'azienda

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Spetterà alle procure di Milano e Torino decidere se l'operazione condotta dalla finanziaria della famiglia Agnelli, prima della scadenza del prestito convertendo, sia stata caratterizzata da eventuali reati informativi. Come l'aggiotaggio, cioè la divulgazione di notizie false al fine di alterare l'andamento del titolo in Borsa. Ieri la Consob ha deciso la trasmissione degli atti alla magistratura che dovrà quindi accertare se l'operazione che ha permesso alla holding degli Agnelli di restare prima azionista del Lingotto abbia violato le norme sulle comunicazioni agli organi di vigilanza, evitando così anche di dare al mercato tutte le informazioni. Ma Ifil, sempre secondo la Commissione presieduta da Lamberto Cardia, non dovrà lanciare l'opa obbligatoria. La decisione Consob. L'istruttoria Consob cominciata a metà settembre fu avviata per verificare il comportamento delle società del gruppo Fiat che avevano emesso diversi comunicati sull'andamento del titolo e su eventuali progetti futuri. Sia in luglio sia in agosto così come in settembre, il gruppo Fiat aveva negato il sussistere di operazioni in atto mentre il titolo saliva in borsa. Successivamente, però, si apprese che l'operazione di equity swap che aveva permesso ad Ifil di restare sopra la soglia del 30% di Fiat mentre al di sotto sarebbe scattato l'obbligo di Opa, era stata avviata fin da aprile. Il bond va a ruba. Intanto arrivano buone notizie dal mercato. E gli investitori sono stati i primi ad accorgersene: il bond del gruppo del Lingotto ha infatti ricevuto un'accoglienza tre volte superiore rispetto all'offerta. «La Fiat si sta riposizionando in Europa», ha detto ieri l'amministratore delegato Sergio Marchionne da Bruxelles, dove si trovava in veste di neo presidente dell'Acea, l'associazione dei produttori d'auto europei. Il rendimento del bond da un miliardo emesso da Fiat è pari al 6,625%, ha dichiarato, e la domanda è stata tripla rispetto all'importo definitivo dell'obbligazione: tre miliardi di euro contro appunto il valore di un miliardo deciso per l'emissione.

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