Riforma dei contratti, se ne parli al Cnel
La riforma dei contratti di lavoro deve partire da questo punto, secondo Antonio Marzano, presidente del Cnel, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, che lancia una sfida alle parti sull'avvio di un confronto. «Se sindacati e aziende cercano un luogo neutrale dove incontrarsi per stabilire un nuovo modello di contrattazione la sede già c'è. Ed è proprio il Cnel, dove tutte le componenti del mondo produttivo sono pienamente rappresentate» spiega Marzano a Il Tempo. Posto che accettino l'invito da cosa si dovrebbe partire? L'obiettivo deve essere quello di assicurare maggiore flessibilità al sistema produttivo. Basta guardare agli ordinativi industriali soggetti, oggi, a forti variazioni perché legati alla domanda dei mercati internazionali e dunque meno prevedibili. Il cambio delle regole contrattuali deve tenere presente questo scopo. Non sarà facile convincere i lavoratori ad accettare ancora più flessibilità. Con che offerta si dovrebbe iniziare? Penso che bisogna immaginare un nuovo modo per garantire l'accompagnamento a chi resta senza lavoro. Innanzitutto riducendo il tempo di attesa per l'ingresso in un altro posto. Penso, ad esempio, all'eliminazione di alcuni ostacoli amministrativi e burocratici che, nel corso di una crisi d'azienda, impediscono un veloce reimpiego di chi perde il lavoro. Questo si può fare anche senza chiedere cambiamenti nelle regole di contrattazione Infatti. Lo scambio deve avvenire anche e soprattutto sul modo di destinare le risorse per tutelare chi sopporta periodi di inoccupazione. Nuovi tipi di assistenza sanitaria, ad esempio, erogata dai distretti industriali. E ancora servizi per le madri lavoratrici. Poi occorre tenere conto anche della diversa produttività delle aree territoriali. Parla delle gabbie salariali? No. Solo della possibilità che gli stipendi siano adeguati alle condizioni locali. La contrattazione dovrebbe avere in mano gli strumenti per per consentire di adattare il salario nelle zone in cui la produttività è più bassa. Punti di discussione non ne mancano. Sembra di capire che il Cnel è a disposizione per un'eventuale trattativa sul tema Il Cnel è la sede ideale. È un organo costituzionale e dunque super-partes ed è un terreno in cui gli interessi contrapposti qui, istituzionalmente, si confrontano da sempre. È stato ministro delle Attività Produttive fino a qualche tempo fa. Cosa pensa dell'attuale crisi energetica? Innanzituto penso alle tasche dei consumatori. La mia proposta di modulare le accise fiscali sulla benzina in modo da limitare l'effetto del caro benzina era valida, ma fu bocciata. Oggi i cittadini ne pagano le conseguenze. Allora fu l'Europa a bloccare tutto Non ne sono sicuro. Penso che a fermare il mio progetto fu piuttosto il ministro dell'Economia. Le tasse fisse su prodotti petroliferi sono una vera slot machine per il bilancio dello Stato. Intanto il gas manca e gli approvigionamenti sono a rischio. Ha qualche idea per rimediare? Comincerei a rendere obbligatori i pannelli solari sulle case degli italiani consentendo loro di detrarre le spese di installazione dal reddito Irpef. Si dovrebbe partire dalle regioni che sono in deficit d'energia. E gradualmente nel tempo, diciamo in un orizzonte di due anni per far beneficiare di questa misura le imprese del settore nazionali. Che avrebbero, così, il tempo di adeguare la loro capacità produttiva. Il centro sinistra accusa il governo di aver fatto poco in questi ultimi cinque anni. Come risponde? Che al contrario abbiamo invertito la rotta. Con la legge sblocca centrali, ad esempio, abbiamo messo i presupposti per colmare il gap produttivo di cui soffrivamo. Oggi siamo esportatori di energia all'estero. Probabilmente, però, anche su questo tema ci vorrebbe una politica bipartisan. Il Cnel è pronto ad ospitare il confronto.