Il Patto di Capitalia si rafforza
al gruppo Colacem (0,01%) e Fininvest (0,08%). Confermando le indiscrezioni della vigilia il primo azionista della banca, gli olandesi di Abn Amro, sono rimasti fermi al 7,6% non esercitando la possibilità di risalire al 9% e lasciando aperta la possibilità di uscita dal patto alla scadenza degli accordi il prossimo ottobre. Un'uscita che secondo fonti finanziarie potrebbe essere rimpiazzata dalla Fondazione Cassa di risparmio di Roma se dovesse proseguire il riavvicinamento tra l'Ente e la banca guidata da Cesare Geronzi e Matteo Arpe. Un progressivo allineamento messo in evidenza dopo l'assemblea di dicembre e la condivisione dell'integrazione nella holding di Via Minghetti delle controllate Fineco e Mcc. Un'aggregazione che ha determinato una diluizione delle quote degli azionisti forti della banca. La riduzione delle partecipazioni è stata ricomposta nella riunione di ieri e sarà completata il 16 febbraio prossimo, quando il patto si riunirà di nuovo per registrare l'apporto dele quote che Fininvest e Fonsai faranno sul mercato. Alla fine di tutti i passaggi il gruppo Berlusconi deterrà l'1% della banca romana mentre quello di Salvatore Ligresti il 3,5%. Restano fermi gli altri soci, da quelli storici (Marchini, Angelucci, Colaninno) a quelli entrati per effetto della fusione di Fineco e Mcc (Pesenti, Angelucci). Non hanno incrementato la propria quota anche le Fondazioni socie dell'Istituto (Manodori e Banco di Sicilia) così come la Regione Siciliana. Dopo il taglio della propria partecipazione, ceduta a 4,92 euro, Toro non avrà più diritto ad essere rappresentata nel cda della Banca, ed il posto di consigliere sarà presumibilmente appannaggio di chi al momento non dispone di consiglieri. Dopo gli accordi sottoscritti ieri gli azionisti presenti nel Patto controllano il 32,50% del capitale, di cui il 31,47% vincolato. Per Toro la cessione della metà della quota Capitalia comporta una plusvalenza di 52 milioni. La decisione di dimezzarla si inquadra - ha spiegato la compagnia in una nota - «nella strategia da tempo perseguita dal gruppo Toro, finalizzata a ridurre la concentrazione su singoli titoli nell' ambito della politica di allocazione degli attivi. Il mantenimento della quota residua al patto di sindacato conferma altresì la fiducia nel gruppo bancario e nel piano industriale predisposto dal management della società». Del salotto finanziario capitolino creato da Arpe fanno parte anche altri azionisti importanti, quali Pirelli e la Sirefid di Massimo Moratti.