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Cirio, primi rimborsi alle vittime del crack

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Arriva una mini-tranche da 70 milioni su un totale di 1,125 miliardi. Solo il 6,2% agli obbligazionisti

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Si tratta di 70 milioni di euro, poca roba rispetto alla cifra di 1 miliardo e 150 milioni, il valore complessivo di uno dei più grandi crack della storia che ha coinvolto migliaia di risparmiatori. Ma è un segnale confortante per chi da due anni aspetta di recuperare i soldi investiti in titoli che si sono rivelati carta straccia. Oggi il giudice delegato del tribunale fallimentare di Roma, Antonio La Malfa, depositerà il provvedimento che rende effettivo il piano di riparto messo a punto dai tre commissari straordinari del gruppo Mario Resca, Luigi Farenga, e Attilio Zimatore. Nel giro di una settimana attraverso bonifico o raccomandata, nelle tasche dei risparmiatori e dei creditori del gruppo alimentare arriveranno i primi soldi, per un totale di 70 milioni. In questa prima tranche di rimborsi rientrano i creditori di tre delle sette emissioni obbligazionarie (una di Cirio Finance Luxembourg e due del Monte Finance Luxembourg) per un valore di 500 milioni. Inoltre, saranno rimborsati i creditori di Cirio Del Monte Italia. Saranno pagate tutte le spese per la procedura e saranno rimborsati tutti i creditori privilegiati. A quelli chirografari (cioè coloro che non godono di alcun privilegio, tra cui gli obbligazionisti) sarà pagato solo il 6,2%. «Presto ci saranno altri riparti - spiega Farenga - alcuni di questi potrebbero essere molto più soddisfacenti per gli obbligazionisti. Contiamo di concludere i riparti entro l'estate». Un altro nodo che i commissari straordinari stanno trattando in questi mesi è quello delle azioni di responsabilità e delle revocatorie, che vedono coinvolti alcuni importanti istituti di credito. Per questo capitolo si prevede qualche passo avanti entro la fine del mese. Le vittime del crack Cirio sono per lo più risparmiatori "deboli", pensionati e casalinghe che hanno acquistato dalle banche obbligazioni prive di rating e prospetto informativo. È proprio questa l'accusa avanzata alle banche che, con troppa facilità, hanno riempito i portafogli dei clienti di titoli che erano destinati a investitori istituzionali come i fondi comuni, che quando investono conoscono bene sia il prodotto sia la società che c'è dietro al titolo. Il mese scorso la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di 44 indagati, tra cui Sergio Cragnotti e alcuni manager delle principali banche italiane, come Cesare Geronzi, presidente di Capitalia ed ex numero uno di Banca di Roma, Gianpiero Fiorani, ex amministratore delegato della Banca Popolare italiana e Rainer Masera, ex numero uno del San Paolo Imi. I pm hanno confermato l'originario impianto accusatorio che attribuisce agli indagati accuse che vanno dalla bancarotta fraudolenta alle false comunicazioni sociali e alla truffa per episodi avvenuti fra il 1998 e il 2003.

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