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Interpellanza all'esecutivo: «Grave atto di irresponsabilità nei confronti del Paese»

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Un'iniziativa che ha stupito, e lasciato intravedere un'escalation nell'inchiesta milanese, visto che Cossiga in passato si è rivelato ben informato sulle iniziative di magistrati e forze dell'ordine. Da Milano però è arrivata subito una smentita ufficiosa: «Non è vero: nessuno ha chiesto l'arresto di Fazio». Risposta che però non ha convinto lo stesso Cossiga, che ha risposto ai magistrati ricordando «di non essere un fesso». Nella sua interpellanza, in sostanza, il presidente ha chiesto «se corrisponda al vero che i pubblici ministeri della Procura della Repubblica di Milano, nel corso dell'inchiesta su Antonveneta, abbiano richiesto al Gip l'adozione di misure cautelari personali, e cioè l'arresto del Dottor Antonio Fazio, Governatore della Banca d'Italia, e che la richiesta non sarebbe stata accolta». Il senatore a vita ha proseguito chiedendo quale sia il giudizio del governo su «questo grave atto di totale irresponsabilità nei confronti di fondamentali interessi finanziari ed economici del Paese e della sua credibilità politica e finanziaria nell'ambito dell'Unione Europea e della comunità economico-finanziaria internazionale». Da Berlusconi, Pisanu, Castelli e Tremonti, Cossiga ha chiesto inoltre di sapere «se non ritengano che sia giunto il momento che il governo della Repubblica, uscendo dal suo pauroso e dannosissimo letargo, riassuma il ruolo di soggetto politico-istituzionale della politica economica e quindi anche bancaria del Paese, che - ha sottolineato - non può essere abbandonata alle iniziative irresponsabili, oscure e forse anche illegittime, di qualche magistrato in cerca di notorietà, non volendosi qui formulare ipotesi peggiori». Un sasso gettato nello stagno di una politica che resta alla finestra di fronte al profilarsi di una nuova stagione di veleni giudiziari, a pochi mesi dalle elezioni politiche. Un rischio che dagli uffici giudiziari lombardi si è tentato di schivare replicando - attraverso fonti vicine all'inchiesta - all'interpellanza del presidente. Una smentita che non ha colto nel segno, visto che Cossiga ha reagito ricordando che «la gloriosa procura della Repubblica di Milano ha fatto la storia del nostro paese lasciando dietro di sè rivoli di sangue e famiglie distrutte». Etica e manette sono d'altronde un deja vu nazionale, scrive oggi il Riformista. «A Milano risuonano le sirene della Guardia di Finanza e scattano le manette; la politica trema pavida aspettando di vedere la lista di quelli che prendevano la mazzetta; si vota con il proporzionale; la Juve vince in campo e fuori e supera indenne anche l'ordalia dei tribunali. Dite la verità, non sembra di vivere all'alba degli anni '90, di essere finiti in un gigantesco deja vu nazionale?»: è l'incipit di un editoriale del quotidiano oggi in edicola, dal titolo «Etica e manette, un deja vu nazionale». «L'abrogazione del Mattarellum - è scritto - fa fare al sistema politico italiano un salto indietro di dodici anni. Ma il maggioritario - prosegue il quotidiano arancione - fu figlio di una crisi gravissima e lacerante del tessuto morale del paese, ed è sintomatico che oggi esca di scena nel pieno di una nuova crisi di analoghi contenuti e proporzioni. Perchè la storia di Lodi ci racconta, fin nei dettagli dei poveri correntisti derubati, uno stato dell'etica pubblica che non può che generare crisi. È come se Tangentopoli non ci fosse stata.

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