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Antonveneta, Bpi offre l'utile ai magistrati

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Gronchi gioca l'ultima carta per convincere la Procura a dissequestrare le azioni dell'istituto

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Per ottenere lo sblocco delle azioni Antonveneta da 2 miliardi di euro i legali della Bpi hanno illustrato con dovizia di particolari, nelle 37 pagine della richiesta depositata sabato in Procura e nei sette faldoni di documenti, tutte quelle mosse compiute dai vertici negli ultimi mesi. Lo scopo della difesa della Bpi è quello di dimostrare la reale discontinuità e la buona fede della banca, oltre alla sincera volontà di collaborare con gli inquirenti. Dopo l'offerta di dimissioni dell'intero cda (che si riunirà il 12 per formalizzare la convocazione dell'assemblea a gennaio), i nuovi elementi, emersi anche dal lavoro dell'audit interno, hanno fatto «mutare radicalmente» la situazione, come sottolineano gli avvocati della Popolare, rispetto a quando i magistrati milanesi confermarono il sequestro. E così la Bpi ha passato al setaccio le zone grigie su cui si era appuntato il lavoro degli investigatori e ha aggiunto nuovi particolari alla denuncia-querela presentata contro l'ex ad Fiorani e l'ex responsabile della finanza Boni. Una denuncia che peraltro era aperta, sin dall'inizio, a nuovi accertamenti. I particolari includono quindi i titolari dei 15 conti "privilegiati" tra cui comunque, nonostante l'appellativo, non vi sarebbero volti noti ma persone sconosciute, probabilmente utilizzate come prestanome. Vi sono quindi informazioni su quelle operazioni sospette che hanno generato movimenti anomali di titoli o obbligazioni. Nessun particolare invece, anche perchè al riguardo sarebbe ancora in corso l'esame ad hoc compiuto dalla società Praxi, sulle operazioni immobiliari finite anch'esse al centro delle indagini della magistratura. Nel richiedere lo sblocco, la Bpi scrive perciò che «si riscontrano elementi nuovi e sopravvenienti rispetto alla data di convalida del provvedimento di sequestro che hanno radicalmente mutato la situazione di fatto». Gli avvocati sottolineano quindi come dopo il nuovo clima di collaborazione con gli inquirenti instaurato dai vertici della banca «non è più possibile ipotizzare, neanche in astratto, che Bpi aggravi o protragga le conseguenze del reato contestato o possa agevolare la commissione di altri reati». A ulteriore prova della buona fede la Bpi offre anche una garanzia sulla possibile plusvalenza derivante dalla cessione delle azioni Antonveneta ad Abn (con la quale ha siglato un contratto preliminare), plusvalenza calcolata intorno ai 90 milioni di euro. Il profitto generato dalla vendita infatti, ipotizza la Bpi, potrebbe essere depositato in un conto intestato alla Popolare, ma a disposizione della Procura di Milano, per agevolare un eventuale sequestro della plusvalenza da parte dei magistrati. Nel caso di sequestro infatti, ipotesi circolata da diverse settimane, tale conto avrebbe lo scopo di fornire ai magistrati una garanzia in più e di dimostrare la piena disponibilità dell'istituto. Con questi elementi a Lodi sono fiduciosi che la magistratura possa concedere il sospirato dissequestro, che pesa sulla casse dell'istituto per una cifra pari a 160 mila euro al giorno.

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