Ultimo appello per la previdenza integrativa
Ma forse dopo i continui slittamenti e rinvii da parte del Consiglio dei ministri la riunione a Palazzo Chigi fissata per giovedì prossimo potrebbe essere la giornata decisiva per far decollare il decreto che introduce in Italia la previdenza complementare. Il provvedimento infatti, come annunciato ieri dallo stesso ministro, è all'ordine del giorno della riunione e il testo sarà quello presentato al consiglio dei ministri di ottobre (che venne rinviato alle Camere con il voto contrario di Maroni) con la sola introduzione della moratoria triennale per il versamento del Tfr ai fondi integrativi per le imprese che non hanno i requisiti per l'accesso al credito. Se il provvedimento avrà il via libera (i tempi sono comunque strettissimi visto che il 4 dicembre scade definitivamente la delega) le nuove norme sul Tfr potranno entrare in vigore dal primo gennaio 2006 facendo partire i sei mesi previsti dalla riforma per il cosiddetto silenzio-assenso. Allo spirare dei sei mesi, poi, e cioè entro giugno 2006, i lavoratori dovranno esprimersi sul loro Tfr decidendo se lasciarlo in azienda oppure se destinarlo a un fondo previdenziale. In assenza di una decisione, poi, l'indennità che si mnatura nel corso della vita lavorativa, andrà automaticamente al fondo negoziale. Dovrebbe essere quindi confermata la decisione di escludere la cosiddetta portabilità del contributo del datore di lavoro anche a forme di previdenza complementare che non siano negoziali. Una richiesta fatat dalle associazioni dei datori di lavoro e dei sindacati. La decisione di prevedere una moratoria per le imprese che non hanno i requisiti per l'accesso al credito è stata apprezzata dalla Confindustria che con il direttore generale Maurizio Beretta ha parlato di posizione «condivisa». Più cauto il segretario generale aggiunto della Uil, Adriano Musi che ha chiesto «trasparenza» nei criteri per rientrare nella moratoria. Le critiche sono arrivate, invece, dal segretario confederale della Cgil Morena Piccinini che ritiene «inaccettabile» che il provvedimento crei «lavoratori di serie A e di serie B» lasciando che l'accesso alla previdenza sia legato al rapporto che l'azienda ha con il credito. Sulle possibilità che quella di giovedì sia la data buona per il via libera del provvedimento Maroni non azzarda previsioni anche se dice che cercherà di trovare gli argomenti per convincere il Consiglio dei ministri ad approvarlo. Non sarà facile però convincere tutti. Le «perplessità» sull'impianto della riforma sono già state espresse da una parte dei componenti del governo che hanno già annunciato che nel corso della riunione chiedereanno di discutere sul «ruolo delle assicurazioni». «Ormai - ha detto Maroni - non faccio più previsioni su questo testo. La decisione non dipende da me, tutto quello che potevo fare l'ho fatto. La decisione dipende dal presidente del Consiglio per l'inserimento all'ordine del giorno e dal Consiglio dei ministri per l'approvazione. Cercherò - ha affermato a proposito delle resistenze all'interno del Governo - di trovare gli argomenti per convincere il Consiglio a farlo approvare e penso di riuscirci». E se sulla possibilità che il decreto venga bocciato dice «non voglio nemmeno pensarci», sull'ipotesi di prevedere un bonus per la permanenza al lavoro anche a chi ha i requisiti per la pensione di vecchiaia sottolinea di essere «scettico». «Sarebbe - spiega - un provvedimento inefficace».