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Parmalat, Bondi assediato dalle banche

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Gli istituti di credito azionisti cominciano a vendere. Il titolo crolla e la società diventa facile preda

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Ieri il titolo ha perso un altro 4,76% ed è scivolato a 2,039 euro tra scambi pari al 2% del capitale. Una replica di quanto visto venerdì quando a pesare sulle azioni dell'azienda alimentare era stata la decisione del Tribunale di Parma di rivolgersi alla Consulta per verificare la costituzionalità delle azioni revocatorie, pari a circa 7,5 miliardi di euro, avviate dalla società guidata da Enrico Bondi contro le banche. Proprio la linea dura del grande risanatore potrebbe indurre gli istituti di credito ad adottare una strategia di accerchiamento: gli operatori ricordano come sia ormai cominciato il disimpegno da parte delle banche che si sono trovate in mano significativi pacchetti della società di Collecchio. Gli ordini di vendita fanno viaggiare ai minimi le quotazioni azionarie di Parmalat, rendendo la società più facilmente scalabile. Alla finestra ci sono da tempo diversi gruppi concorrenti come Granarolo, Lactalis e Nestlé. Un cambio della guardia negli assetti proprietari significherebbe l'arrivo di un nuovo management, l'uscita di scena di Bondi e il possibile cambio di orientamento nelle battaglie legali in corso, con un atteggiamento più morbido nei confronti dei contenziosi aperti con le banche. Crollo in Borsa. Ieri, oltre ai timori di un blocco di fatto delle revocatorie fino a che non si pronuncerà la Corte Costituzionale (dovranno passare nella migliore delle ipotesi un po' di mesi) sono pesate le considerazioni degli analisti che valutano il titolo intorno a 1,8 euro fra la parte industriale (cui viene assegnato un valore intorno a 1,5 euro) e premio di contendibilità (un 30% in più). A conferma, quindi, che un eventuale opa diventa sempre più a portata di mano. Nel frattempo una buona notizia arriva dagli Usa dove il Tribunale federale di New York ha prolungato dal 17 novembre al 9 dicembre il periodo di protezione delle attività americane che peraltro non fanno più capo all'amministrazione straordinaria bensì ad amministratori giudiziari. Battaglia aperta. Bondi non ha mai fatto un passo indietro e ha più volte chiarito che non intende cedere sul fronte delle revocatorie e sulle richieste di risarcimento già presentate alle banche. Richieste di revocatorie sono state già avviate nei confronti dei maggiori gruppi italiani come Banca di Roma (Capitalia), Bnl, Banca Intesa, Unicredit, Sanpaolo e Monte dei Paschi. Ma anche verso colossi esteri come Bank of America, Ubs, Credit Suisse First Boston e Deutsche Bank. Per questo motivo gli istituti di credito, divenuti azionisti della nuova Parmalat, hanno tentato di contrastare Bondi senza però riuscire a impedire il successo della sua lista in assemblea (anche se Deutsche Bank e Csfb alla fine hanno dato il loro voto all'ex commissario straordinario di Collecchio). La partita però è ancora aperta e la Borsa è il nuovo terreno di scontro. Schierati i sindacati. A sostegno di Bondi, però, si sono schierati i sindacati. L'accordo sul piano di sviluppo e di riorganizzazione del gruppo Parmalat e un punto a favore del numero uno di Collecchio. Il piano, secondo le organizzazioni dei lavoratori, permette di consolidare i siti produttivi e le attività del Gruppo senza produrre ricadute traumatiche sull'occupazione. E il piano sociale a supporto della riorganizzazione consente di costruire soluzioni adeguate di sostegno per i lavoratori coinvolti. Il lancio di un'opa e il cambio della guardia ai vertici della società potrebbe significare il turbamento di questa "pax sindacale", con inevitabili ricadute sulle prospettive di rilancio dell'azienda.

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