Benedini rinuncia al salvataggio della Cit
Ieri il cavaliere del lavoro Benito Benedini ha infatti deciso di non dare seguito al suo progetto di ingresso nell'azienda. «Non essendosi verificati i presupposti e le condizioni per l'attuazione del piano di salvataggio di Cit - ha affermato - è divenuto impossibile continuare a perseguire l'obiettivo di un intervento». Benedini ha ribadito di essere stato interessato a investire nella società, come anticipato il 25 luglio scorso e più volte comunicato alla stessa Cit e riportato dai giornali. Il progetto prevedeva la sottoscrizione di un aumento di capitale diffuso per la sottoscrizione del quale, subordinatamente al verificarsi di alcune condizioni, si era assicurato diritti di opzione. L'accordo con l'azionista Gianvittorio Gandolfi però non è arrivato. Il gruppo sospeso dalle contrattazioni di Borsa e senza un bilancio certificato (la società di revisione Reconta Ernst & Young si è infatti dichiarata «non in grado di esprimere un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato al 31 dicembre 2004») punta adesso tutte le carte sul sostegno del governo. Il Comitato intermninisteriale per la programmazione economica (Cipe) ha in progetto l'erogazione di alcuni finanziamenti comunitari che potrebbero dare una boccata d'ossigeno all'azienda. Un'ipotesi sostenuta dal Sult, uno dei sindacati più attivi in difesa del gruppo tutristico e dei circa 1.400 impiegati. «Crediamo che il governo debba tutelare le aziende che fanno parte del patrimonio nazionale e crediamo che queste debbano essere gestite in modo sano e produttivo» ha detto il segretario nazionale del Sult Andrea Cavola, auspicando che per la società turistica «ci sia una nuova fase della vita aziendale con manager che siano in grado di portare quel risultato di mercato, quindi senza alterare gli equilibri dello stesso, che tutti auspichiamo: i lavoratori ed il sindacato per primi». Il gruppo Cit ha chiuso il 2004 con una perdita netta consolidata di 111,92 milioni contro un rosso pari a 40,6 milioni a dicembre 2003, con vendite per 192,14 milioni e un giro d'affari di 293,19 milioni. La decisione di Benedini di gettare la spugna riapre un baratro sul futuro della società. Nonostante l'impegno del governo, alcuni creditori avrebbero già avanzato istanza di fallimento e adesso le banche azioniste potrebbero mettere la parola fine alla storia decennale della società.