Assicurazioni e sindacati all'assalto del Tfr
Le compagnie premono sui fondi aperti e i confederali sulle aziende in crisi. Ma Maroni resiste
In settimana le commissioni di Camera e Senato dovrebbero ultimare il riesame del decreto applicativo ed è attesa per il 7 la formulazione dei nuovi pareri richiesti dopo il rinvio del testo da parte del governo. Toccherà poi al governo l'11 novembre prossimo deciderne la sorte in Consiglio dei ministri. Ma l'incertezza che regna sul futuro della riforma è all'apice. Lo scontro tra le assicurazioni e il ministro del Welfare Roberto Maroni non si placa e le norme che riconoscono ai fondi negoziali un ruolo maggiore in caso di silenzio assenso e quelle che sanciscono la non portabilità del contributo del datore di lavoro nei fondi aperti e nelle polizze sono ancora al centro del duro braccio di ferro. Mediazioni sono sempre possibili, alcune già profilate dallo stesso ministero del Welfare anche se poi rientrate, ma la partita è ormai tutta politica e le recenti parole di Maroni disegnano i contorni di un match ormai imminente. «Non intendo modificare la riforma - ha detto il ministro - né cercare altre soluzioni. Andremo alla conta al Consiglio dei ministri perché ormai la questione è politica». E in caso di fumata nera sarebbe anche possibile per il Carroccio, che deciderà in merito nel prossimo Consiglio federale, presentare un emendamento alla finanziaria per far saltare la riforma delle pensioni i cui meccanismi di innalzamento dell'età pensionabile si attiveranno a partire dal 2008. Intanto i sindacati che, pur non condividendo del tutto il provvedimento che era stato messo a punto dal ministro, in questa fase appoggiano Maroni, aprono un altro fronte: il protocollo firmato con l'Abi che stabilisce le regole per l'accesso al credito compensativo per quelle aziende in crisi di liquidità dopo lo smobilizzo del Tfr. Un accordo tra banche e Welfare un po' misterioso, mai reso pubblico che di fatto però segna il "confine" tra aziende che possono accedere al credito e quelle che non possono farlo. A queste ultime sembra assicurata un'entrata graduale nella riforma, una moratoria che per Confindustria non può essere inferiore ai tre anni e su cui ora anche i sindacati sembrano aver aperto anche se non entrano nel merito degli anni necessari per andare a regime. «Io l'ho depositato a Palazzo Chigi. Lo rendano noto loro», ha sempre risposto Maroni alla richiesta dei sindacati di metterlo "in rete". Ma Cgil, Cisl, Uil e Ugl insistono: «Occorre evitare l'introduzione di un'inaccettabile disparità di trattamento tra i lavoratori con il meccanismo della gradualità e che, soprattutto, il conferimento del Tfr ai fondi pensione venga considerato, proprio dagli istituti di credito, come una qualsiasi altra forma di investimento», dicono.