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Harbert investment fund prova a scalare Parmalat

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Azienda nel mirino. Continua il rastrellamento di titoli in vista dell'assemblea che nominerà il cda

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Anche ieri infatti ci sono state le grandi manovre sulle azioni del gruppo di Collecchio, con il passaggio di mano del 4% del capitale dopo una giornata di scambi sostenuti. Cifre consistenti ma in ogni caso lontane dai 281 milioni di giovedì in cui è passato il 17,5%, e i 180 milioni di pezzi, scambiati venerdì scorso, rappresentativi dell'8%. Il titolo, partito in deciso ribasso a -3,98% a quota 2,51 euro, ha poi risalito la china fino a un progresso del 2,43%, per poi terminare calma (-0,54% a 2,6 euro). I volumi dimostrano che le azioni continuano «a essere cacciate» ma il valore si sta assestando, come avevano previsto il ministro alle attività produttive Claudio Scajola e il commissario straordinario Enrico Bondi. Che nel frattempo ha convocato l'assemblea per il 7 novembre in prima e per l'8 in seconda, che servirà a contare le azioni in possesso dei soci e a decidere il primo consiglio di amministrazione della nuova era. Proprio per questa occasione banche e fondi si stanno posizionando. In particolare, a quanto si apprende da fonti finanziarie, è l'Harbert Distressed Investments Found che sembra operare decisi rastrellamenti azionari insieme ad altri fondi minori che mirerebbero alla soglia del 2% per poi fare blocco insieme. D'altra parte, il fondo Harbert, che ha già il 2,74% di Parmalat e che è specializzato in investimenti di aziende agroalimentari, aveva annunciato di fronte alla debacle del titolo in Borsa venerdì che non avrebbe venduto una sola azione. Sconosciuta al momento la quota che ha ora in mano. In movimento, secondo altre fonti, anche Bnp Paribas. Va poi rilevato come Parmalat interessi ad altri. Va detto anche degli altri interessati: JP Morgan Chase Bank ha il 2,30%, la Wells fargo Bank International il 2,09%, la società Buconero il 2,07%. Ancora, per quanto riguarda le partecipazioni rilevanti, ci sono da considerare le banche italiane che il mercato spera interessate a crescere per poter ammorbidire la società nei contenziosi legali avviati: Capitalia controlla il 5,53%, Intesa il 2,11%, San Paolo l' 1,7%. Vero è che se i giochi per arrivare all' assemblea nelle migliori condizioni possibili sono in atto, da quel momento lì in poi come noto Parmalat dovrà muoversi con le sue sole gambe. Senza Bondi: «il 5 novembre il mio compito è finito» aveva detto lo stesso giorno dell'esordio del titolo in Borsa. A meno di colpi di scena dell' ultima ora, però, visto che sia il ministro per le politiche agricole Gianni Alemanno sia lo stesso Scajola stanno cercando di convincerlo a restare almeno per una prima fase di traghettamento. Intanto i conti pro forma del primo semestr, certificati dopo le risposte alle osservazioni Consob, si chiudono positivamente, con un utile di 39,6 milioni (58 ante imposte) e un indebitamento finalmente sotto controllo (585 milioni. Tornando a Bondi, infine, ieri ha visitato i pm milanesi che stanno indagando banche estere e italiane per aggiotaggio. Obiettivo: accertare se del crac siano responsabili anche vertici degli istituti e non soltanto manager e funzionari

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