Tfr, Maroni infuriato con le assicurazioni
«Nel Governo c'è una lobby contro la riforma». E a Berlusconi: «Dimostri di essere super partes»
Ieri il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha attaccato duramente le imprese di assicurazioni colpevoli di ostacolare l'approvazione della nuova legge sul Tfr (Trattamento di fine rapporto). Maroni ha dichiarato che intende riportare in Consiglio dei ministri il testo «così com'é, senza modifiche sostanziali». Il ministro leghista ha dichiarato che non cederà alle pressioni delle assicurazioni e ha chiamato in causa il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che con Fininvest è anche azionista di riferimento della Mediolanum. «Berlusconi ora ha la grande opportunità di dimostrare che l'accusa rivoltagli dalla sinistra di fare leggi ad personam o nel proprio interesse è infondata». Il via libera alla riforma, secondo il ministro, offrirebbe al premier l'occasione per dimostrare che «sa gestire il conflitto di interessi nel migliore dei modi, facendo provvedimenti che vanno contro i suoi interessi». In caso contrario, comunque, Maroni darà battaglia. «Non sono disposto a fare una riforma che toglie soldi alle imprese per riempire le casse delle assicurazioni». La parola dimissioni però Maroni non l'ha pronunciata e a chi gli chiede che cosa farà se la riforma verrà bloccata risponde: «Farò ciò che devo fare. Approvata o bocciata la riforma il mio compito di ministro del Welfare sarà esaurito. Siamo alla fine della legislatura che io rimanga o no non cambia nulla. Bisogna evitare qualsiasi cosa che metta a rischio la devolution». Mercoledì scorso il provvedimento, che doveva essere approvato dal Consiglio dei ministri, è stato invece rimandato alle Camere. La riforma prevede la possibilità di trasferire il Tfr ai fondi pensione e alle polizze individuali ed è stata elaborata per consentire ai lavoratori, soprattutto ai più giovani, di integrare la futura pensione erogata dagli enti di previdenza. Una pensione, che secondo tutte le stime, nei prossimi anni diventerà sempre più magra. Dopo una trattativa durata quasi due anni con le parti sociali, si era arrivato a un testo condiviso dai sindacati, dalle banche e dalle imprese. Queste ultime saranno private di un importante fonte di autofinanziamento e per questo motivo il ministero del Welfare ha siglato un protocollo d'intesa con l'Abi (Associazione bancaria italiana) per permettere l'accesso agevolato al credito per quelle aziende a cui verrà a mancare il Tfr. A mettersi di traverso, però, sono le assicurazioni che contestano la corsia preferenziale concessa ai fondi chiusi, cioè i fondi istituiti sulla base della contrattazione sindacale. L'Ania, l'associazione che rappresenta le società assicurative, chiede invece parità di trattamento anche per i fondi aperti e le polizze individuali. La gara per accaparrarsi il Tfr vale almeno 13 miliardi di euro all'anno e tutti vogliono cercare di partire in pole position. «È un testo equilibrato, non è un regalo a nessuno, non lo è ai sindacati, e voglio evitare che lo diventi per le compagnie di assicurazioni». Ha tutta l'aria di un ultimatum ai suoi colleghi della maggioranza l'avvertimento venuto ieri Maroni. Che ha aggiunto: «La lobby assicurativa ha all' interno del governo sponde importanti come si è visto dal dibattito nel Consiglio dei Ministri. Mi ha molto sorpreso l'intervento di alcuni ministri, che non avevano mai preso la parola sulla questione e si sono accalorati a sostenere che la riforma non era fatta bene con argomenti strampalati. L'unico intervento che comprendo è quello del ministro Alemanno». Maroni ha inoltre sottolineato che sulla questione non è previsto un incontro con le parti sociali: «È previsto, invece, un incontro con le commissioni di Camera e Senato la prossima settimana, martedì o mercoledì, a cui andrò a dire cosa penso, e cioé che non intendo assecondare i tentativi di stravolgere la legge a tutto vantaggio delle compagnie di assicurazioni».