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Strepitii leghisti sospetti su una legge sbagliata

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Che così dimenticano l'unico obiettivo che richiederebbe tutela, cioè il massimo interesse dei cittadini. Vediamo perché. Il ministro del Welfare Roberto Maroni, artefice del progetto di riforma per ora bloccato dal governo, ritiene necessario instaurare un regime di favore per i cosiddetti "fondi pensione negoziali", ovvero quelli - nati da tempo, con netto anticipo sulla riforma, ma non ancora attivi con le facilitazioni che dovrebbero essere introdotte ora - che sono stati costituiti su iniziativa delle varie categorie industriali e sindacali: per esempio i fondi Cometa, dei metalmeccanici, i fondi Fonchim, dei chimici o Fondenergia, del settore elettrico e petrolifero. Questi fondi sono amministrati da gestori professionisti, spesso di primissimo ordine, che investono al meglio in Borsa i risparmi previdenziali che vengono loro affidati. Ma chi sceglie questi gestori professionisti? I sindacati e le associazioni industriali di categoria, uniti in questo caso dall'interesse di "teleguidare" le scelte d'investimento dei loro fondi. A questa categoria di fondi pensione si contrappongono i cosiddetti "fondi aperti", che sono gestiti prevalentemente dalle grandi compagnie di assicurazioni e che non sono quindi collegati direttamente alle categorie industriali o professionali. I loro gestori, bravi o non bravi che siano, vengono nominati dalle compagnie, e devono dimostrare esclusivamente con i risultati della gestione il loro valore. Intendiamoci: quando circolano tanti soldi nessun gestore - che appartenga a un fondo negoziale o a un fondo aperto - è mai immune dal rischio di vedersi chiedere favori o scorrettezze da parte di coloro (sindacalisti o assicuratori) che lo hanno nominato. È quindi ingenuo dare una "patente di nobilità" ai fondi aperti e una bolla d'infamia ai fondi negoziali. L'ideale sarebbe che i lavoratori fossero del tutto liberi di affidare i propri quattrini a chi meglio credono. Senza avere né vantaggi né svantaggi di legge a favore o contro l'una o l'altra scelta. La proposta Maroni ha invece la pecca di privilegiare i fondi negoziali introducendo a loro beneficio una serie di vantaggi economici, per cui solo un lavoratore autolesionista potrebbe decidere di affidarsi ai fondi aperti. A che pro, una simile "asimmetria"? Chiaramente, allo scopo di favorire il consenso verso Maroni e la Lega dei sindacati e - in questi caso - anche della Confindustria, che vedrebbero accrescere il loro potere finanziario in modo del tutto abnorme. Ecco perché la legge così com'è scritta oggi è sbagliata. Maroni ieri ha lanciato una frecciata ai danni del presidente del Consiglio Berlusconi, la cui holding Fininvest è azionista di riferimento, insieme alla famiglia Doris, del gruppo assicurativo Mediolanum, che come le altre compagnie è soddisfatta dello "stop" al progetto del ministro: «Il premier dimostri di non avere conflitti d'interesse», ha detto il responsabile del Welfare. Dimenticando che la sua Lega ha promosso la nascita di un "sindacato padano" che si candida a giocare un grosso ruolo nei fondi negoziali. E affermando il paradosso secondo il quale i numerosi conflitti d'interesse economici del premier dovrebbero risolversi ai danni della parità di trattamento tra le varie categorie di fondi pensione. Per favorire un conflitto d'interesse politico di cui la Lega è pienamente protagonista!

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