I Sette Grandi uniti contro il caro greggio
Grazie anche al persistere di condizioni favorevoli come i bassi tassi di inflazione. Ma dietro l'angolo ci sono una serie di insidie che minacciano di far venir meno l'ottimismo. Come l'alto prezzo dei prodotti energetici, la crescita delle disuguaglianze e l'aumento delle pressioni protezionistiche. È questo il passaggio più significativo del comunicato finale siglato dai ministri dell'Economia e dai governatori delle banche centrali del G7, alla fine dei lavori chiusi la scorsa notte a Washington. Per questo il gruppo dei ministri economici dei sette paesi più industrializzati d'Italia (per l'Italia era presente il neoministro Giulio Tremonti) ha messo a punto un pacchetto di otto punti per allentare la pressione del caro petrolio sulle economie mondiali. In primo luogo con la richiesta ai paesi produttori di procedere nella direzione giè intrapresa di rendere disponibili quantità addizionali di greggio e di prodotti petroliferi sul mercato, sollecitando ulteriori significativi investimenti nella esplorazione, nella produzione, nella creazione di infrastrutture e di nuova capacità di raffinazione di petrolio. Con l'aggiunta di un asupicio: quello di contribuire a creare un clima favorevole agli investimenti in un mercato aperto e trasparente, con regole stabili. Le richieste non si sono certo fermate alle nazioni che il petrolio lo estraggono ma anche a quelli che lo consumano soltanto. Per questi, il consiglio del G7 è stato quello di scoraggiare iniziative di sussidio o di prezzi regolamentati sul petrolio ed i suoi derivati, che possono avere l'effetto contrario a quello desiderato sul mercato globale. Una delle soluzioni per uscire fuori dalla dittatura dell'oro nero resta quello di puntare sulle fonti di energia alternativa. Soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Per questo il gruppo dei ministri finanziari ha rivolto un incoraggiamento alla Banca Mondiale perchè promuova investimenti in questo gruppo di nazioni per favorirne l'utilizzo, e in particolar modo per le fonti rinnovabili. Alla riunione ha preso parte il segretario al Tesoro americano John Snow, che ha illustrando le conclusioni del vertice ha sostanzialmente ripercorso il comunicato finale dopo avere ringraziato i colleghi per il tremendo sostegno agli Stati Uniti alle prese con gli uragani Katrina e Rita. «L'economia americana», ha detto Snow, «era ben messa per affrontare uno choc di tale fatta. Anche se gli analisti prevedono un rallentamento nell'immediato a causa di Katrina, la ricostruzione darà una spinta alla crescita all'inizio del 2006». Il segretario americano, passando a temi più generali, ha notato che «economia globale continua la sua espansione, anche se restano dei rischi: affrontarli è una responsabilità globale e una priorità del G7», Per gli Stati Uniti, è vitale che anche gli altri paesi agiscano per ridurre gli squilibri globali. «In Europa e in Giappone, in particolare, ulteriori riforme del lavoro e del mercato sono essenziali per aumentare il potenziale di crescita» ha prescisato Snow. In questo contesto, è stata discussa l'importanza di avere in Asia maggiori riforme nel settore finanziario e delle aziende e una maggiore flessibilità dei tassi di cambio fra valute delle grandi economie. Un riferimento, questo, alla flessibilità dello yuan cinese su cui il segretario al tesoro americano ha detto di aspettarsi che Pechino realizzi, seppure gradualmente, gli impegni assunti nel luglio scorso per lasciare fluttuare la sua moneta. Il G7 ha affrontato anche il tema della responsabilità globale nei confronti delle disuguaglianze nel mondo, indicando la strada dello sviluppo sostenibile: sull'Agenda Iniziativa per lo sviluppo si terrà una ulteriore riunione in dicembre nel Regno Unito. Ancora la strada del mercato viene indicata come essenziale per la riduzione della povertà e il G7 economia ha sottolineato come sia essenziale un risultato ambizioso del cosiddetto Doha Round entro il 2006, con una Organizzazione Mondiale del Commercio che sappia au