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Servono risorse per ridurre il deficit La Finanziaria si gonfia fino a 25 miliardi

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L'ipotesi, confermata ieri anche dal consigliere economico di Palazzo Chigi, Renato Brunetta, è infatti quella di arrivare fino a 25 miliardi in modo da liberare più risorse per il rilancio dell'economia dando l'anno prossimo maggior impulso alla crescita economica. Anche se il viceministro all'Economia, Giuseppe Vegas, frena: «il problema semmai è risparmiare, non spendere di più». Ma un maggior impegno potrebbe essere determinato dal fatto che dall'economia reale arrivano segnali incoraggianti. Segnali peraltro già registrati ieri dall'Ocse. Insomma il buon andamento dell'economia servirà innanzitutto a stabilizzare il rapporto tra il deficit e il Pil e, se il trend proseguirà l'anno prossimo in mancanza di eventi eccezionali, si potrebbero liberare maggiori risorse da dedicare allo sviluppo. Ma intanto il primo punto nell'agenda dell'esecutivo è la correzione del deficit come concordato con Bruxelles: solo per far questo occorrerà impegnare una cifra di circa 11 miliardi pari allo 0,8% del Pil. Si guarda poi allo sviluppo: innanzitutto si interverrà sull'Irap in attesa che la Corte di Giustizia europea si pronunci sulla sua illegittimità. Scongiurato, via decreto, il rischio che i contribuenti aspettassero a pagare l'esecutivo intende infatti arrivare ad una graduale abolizione dell'imposta. E questo si farà partendo dalla parte che pesa sul costo del lavoro: un intervento di circa 4-6 miliardi. Ulteriori 3-5 miliardi di euro dovrebbero servire poi a rilanciare la competitività delle aziende e anche in questo caso l'intervento che si preannuncia è sul cuneo fiscale. E sempre in tema di fisco qualche intervento potrebbe riguardare le famiglie più disagiate con la richiesta più volte avanzata da diverse parti della maggioranza di inserire con la prossima manovra anche il 'quoziente familiarè. C'è inoltre ancora da verificare se ci sarà un costo per la riforma del Tfr che sarà al centro, venerdì prossimo, di un nuovo incontro tra il ministro del Welfare, Roberto Maroni, e le parti sociali.

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