Ma per difendere Rai 2 e Fiumicino tutti i partiti fecero quadrato
Era il febbraio del 2003. Con questo comunicato stampa l'allora Cda della Rai comunicò ufficialmente di spostare la sede della direzione di rai 2 da Roma a Milano. Si trattava di una decisione unica per la sua importanza e le sue ripercussioni sul tessuto politico ed economico della Capitale tanto più che fu presa da un cda Rai praticamente dimezzato in cui si erano dimessi tre consiglieri su cinque ed erano rimasti alla guida il presidente Baldassarre e il consigliere in quota lega Albertoni. Ufficialmente la decisione era stata presa per riequilibrare la distribuzione geografica dell'azienda e quindi per ridare importanza al centro di produzione di Milano. Dal Cda si chiarì che si trattava di un'operazione a costo praticamente zero. Non si era infatti deciso di spostare anche il Tg2 ma solo la direzione di rete insieme ad un "pugno" di dipendenti. «Visto che l'80% della produzione di Rai2 - si diceva - è fatta già tra Milano e Torino era come avvicinare la testa alla fabbrica». Tutto questo senza ripercussioni di tipo occupazionale. Da un punto di vista politico, invece, il partito che poteva considerarsi davvero soddisfatto era la Lega che chiedeva da tempo a gran forza una Rai più attenta ai problemi del nord. La notizia rimbalzò immediatamente sulle pagine di tutti i quotidiani e varie e durissime, ad eccezione naturalmente della Lega, furono le reazioni del mondo politico e non. Si parlò del solito dualismo tra Roma e Milano, dell'eterna "lotta" per rivendicare potere politico ed economico. Il sindacato dei giornalisti Rai dichiarò che si trattava di una decisione "priva di presupposti editoriali, di pura facciata, adottata senza motivazioni industriali e senza alcun rispetto per le necessità vere dell'azienda". Tra le forze politiche Alleanza Nazionale, in primis, definì "scandaloso" il progetto di secessione del servizio pubblico radiotelevisivo. Gianfranco Fini scese personalmente in campo per confermare «l'impegno di tutta An (e non solo) contro chi avesse protetto il trasferimento di Rai 2 a Milano». Ma la reazione più decisa e risoluta la ebbe Francesco Storace, allora presidente della Regione Lazio quando dichiarò in un'intervista che si trattava di una decisione «più grave che togliere la Fiat a Torino» e che «forse qualcuno dimenticava il forte dibattito politico sugli 8.000 cassa integrati della Fiat». Anche Silvano Moffa, in quel periodo presidente della Provincia disse "no" a quello che sembrava «più una punizione per Roma e per il Lazio». Parole in sintonia con i deputati diessini Giuseppe Giulietti e Walter Tocci che chiesero le dimissioni del Cda. Sul piatto della bilancia c'era il fatto di togliere a Roma uno dei suoi gioielli e di riproporre il caso analogo di Malpensa quando venne annunciata l'apertura dell'aeroporto e lo spostamento di gran parte dei voli internazionali da Fiumicino con conseguente depotenziamento della struttura romana. Il risultato? Non se ne fece più nulla. E anche se il centro di produzione di Milano è stato rafforzato, Roma continua ad essere la sede del centro direzionale non per pura difesa di tipo campanilistico ma, forse, per la giusta collocazione del servizio pubblico nella capitale d'Italia.