Torna a crescere il lavoro sommerso nel Sud
Anche se stabile negli ultimi anni sul piano nazionale, il fenomeno del sommerso torna a crescere al Sud, raggiungendo picchi decisamente elevati: in Calabria il 32% della forza lavoro è irregolare, mentre in Campania e in Sicilia la percentuale scende rispettivamente al 23,6% ed al 25,3%. Secondo il rapporto diffuso dallo Svimez, l'esercito dei lavoratori in nero italiani è imponente, conta 3,3 milioni di persone (1,5 milioni al Sud e 1,8 al Centro-Nord), concentrate nel settore dei servizi, con 2,3 milioni di lavoratori irregolari, e in quello agricolo. Nel 2004 il 13,5% dei lavoratori italiani risultava irregolare, in linea con quanto registrato nel 2003. Tuttavia lo scorso anno il trend di contrazione del sommerso in atto dal 2000 si è interrotto, segnale questo che «costituisce un importante campanello di allarme se si considera la sfavorevole congiuntura economica che sta attraversando il paese» segnala lo Svimez. Ma contro il sommerso il ministro del Welfare, Roberto Maroni, promette battaglia: sono in arrivo - annuncia - 750 nuovi ispettori del lavoro che, nei prossimi mesi andranno a caccia delle illegalità «Soprattutto nel Mezzogiorno, si tratta di dati drammatici - ammette Maroni -. D'altronde, finchè c'è una diffusa cultura per cui il lavoro nero equivale al lavoro regolare, anzi è meglio perchè si guadagna di più, non bastano certo gli ispettori del lavoro. Per contrastare le irregolarità più gravi, in questi giorni si sta concludendo un concorso per l'assunzione di 750 nuovi ispettori. Per la prima volta - continua Maroni - abbiamo fatto un concorso suddiviso per regioni, per impedire il fenomeno della migrazione, come purtroppo avviane spesso nel pubblico impiego». In pochi mesi, si augura il ministro, «questi 750 nuovi ispettori potranno essere impiegati per contrastare l'illegalità». Tuttavia, a parere di Maroni, la repressione da sola non basta:« È anche un problema di cultura. Il primo passo deve essre fatto nella scuola: bisogna diffondere la cultura della legalità, altrimenti con gli ispettori si fa ben poco». I dati Svimez parlano chiaro. A consentire al sommerso di rialzare la testa è proprio il Mezzogiorno. Se, infatti, fra il 2001 ed il 2003 nel Centro-Nord il tasso di irregolarità si è ridotto del 2%, nel Sud è rimasto sostanzialmente invariato. Il dualismo del mercato del lavoro italiano è ancor più evidente se si osservano le rilevazioni degli ultimi otto anni: al Sud, già tradizionalmente interessato da tassi di irregolarità assai più elevati che nel centro-nord, fra il 1996 ed il 2004 le unità di lavoro irregolari sono cresciute del 17,9%, con un incremento in valore assoluto di 233.000 unità. Nello stesso periodo al Centro-Nord, invece, si è assistito ad un calo del 9,9%, pari a 194.000 unità. E la quota di sommerso si espande in tutti i settori produttivi nelle regioni meridionali. La differenza con il Centro-Nord è abissale nel settore industriale: 20% nel Mezzogiorno contro il 3,5% al Nord. Un divario che è conseguenza - spiega Svimez - di un peso più elevato degli irregolari nel Mezzogiorno, sia nell'industria in senso stretto (17% contro il 2,8%) che nelle costruzioni. Lo scarto minore fra Nord e Sud si registra nei servizi: 21,2% nel Mezzogiorno contro il 12,2% del Nord. Il comparto dei servizi in Italia è quello in cui il lavoro irregolare è particolarmente impiegato, contando su 2,3 milioni di unità di lavoro in nero, cioè il 72% del totale. Nel 2004, il tasso di irregolarità nel terziario è risultato pari al 13,5%, valore immutato rispetto al 2003, ma decisamente inferiore ai valori medi, intorno al 15%, rilevabili ad inizio 2000. Elevato, e sostanzialmente stabile il tasso di irregolarità in agricoltura (32,8%), seguito, dopo i servizi, dalle costruzioni (11,8%).