Pensione più leggera senza riforma del tfr
Ma se la svolta non è stata sufficiente a rimettere in riga la spesa, certo non si può dire che non abbia inciso sugli assegni pensionistici di quanti sono entrati nel mondo del lavoro dopo la sua entrata in vigore. E la riforma varata dal centrodestra, a regime del 2008, è già una promessa, per quanto forse inevitabile, di nuovi sacrifici. Già, ma quanto valgono veramente questi sacrifici? Molto, anzi moltissimo, stando ai dati delle ultime ricerche. Addirittura, secondo l'ultimo studio della Cgia di Mestre in materia, i giovani lavoratori (quelli assunti dopo il 1995), percepiranno una pensione inferiore di un quarto al trattamento di cui godranno i loro genitori. Il calcolo si basa su un confronto tra il "percorso" previdenziale di un padre e di un figlio, entrambi andati in pensione a 60 anni con trentacinque anni di contributi, e con la stessa retribuzione di ventimila euro. L'unica differenza sta nel diverso metodo con cui i due hanno «costruito» la propria pensione: il primo valendosi del sistema retributivo (avendo iniziato a lavorare nel 1960), il secondo con il sistema contributivo (essendo entrato nel mercato del lavoro dopo il 1995). Il risultato, secondo lo studio, è che il padre percepirà un compenso mensile di 1.138 euro, mentre il figlio arriverà appena a 871 euro: dunque ben 267 euro in meno al mese, un divario del 23,5%. E ciò anche tenendo conto di un incremento annuo della retribuzione del figlio dell'1 per cento. Non c'è che un modo, allora, per riequilibrare la disparità generazionale: il definitivo decollo della previdenza complementare, anche se non è detto che ciò basti: «il governo Berlusconi - questa la tesi del segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - proprio per colmare questo gap, prevede dal prossimo primo gennaio 2006 l'avvio della previdenza complementare attraverso il trasferimento volontario del tfr nei fondi pensione. Ma è tutto da dimostrare che questa seconda gamba del sistema pensionistico compenserà lo squilibrio esistente tra padri e figli». E questo sempre che la riforma del tfr veda veramente la luce entro il 6 ottobre, data di scadenza della legge delega di riordino del sistema pensionitico. La prossima tappa del confronto tra Governo e parti sociali, prevista per il 31 agosto, si annuncia decisiva. Ieri il ministro del Welfare, Roberto Maroni, è tornato sull'argomento, senza sbottonarsi: « «Stiamo lavorando - ha detto Maroni -,ci sono delle proposte interessanti nel documento delle ventidue parti sociali. Credo che potremo fare delle modifiche importanti al provvedimento». Anche sindacati e imprese, vista la buona accoglienza del Governo agli emendamenti da loro presentati lunedì scorso, ritengono che la strada della riforma del tfr sia in discesa. I buoni propositi, tuttavia, dovranno passare le forche caudine della copertura finanziaria. L'ultima parola spetterà al ministro dell'Economia, Doemenico Siniscalco, che nella prossima finanziaria dovrà trovare il modo di garantire alle imprese le compensazioni per la perdita del tfr maturando: tredici miliadi di euro l'anno, una fonte di autofinanziamento che Confindustria non vuole perdere, nemmeno in minima parte. E proprio sulla natura delle compensazioni la partita è ancora aperta: l'Esecutivo finora ha messo sul piatto aumenti della deducibilità fiscale, ma il vero nodo sarà quello di trovare le risorse per un taglio del costo del lavoro e del cuneo contributivo, l'unica soluzione in grado di fare il pieno di consensi tra sindacati e Confindustria.