I salari corrono più dell'inflazione
Effetto trainante dei rinnovi. Sacconi: troppo alto il costo del lavoro
Si tratta di un aumento superiore all'inflazione, che proprio in giugno si è attestata all'1,8%. Secondo il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, il balzo tendenziale registrato è imputabile al fatto che «i contratti collettivi di lavoro sono stati chiusi al di sopra dell'inflazione». A segnare gli aumenti maggiori sono state le retribuzioni nei settori della difesa, del commercio, dell'agricoltura, decisamente al di sopra della media. In particolare, il comparto difesa ha segnato un progresso del 12%, a fronte del +8,9% messo a segno da quello delle forze dell'ordine. Il commercio e l'agricoltura hanno invece archiviato lo scorso mese con incrementi tendenziali delle retribuzioni contrattuali rispettivamente pari al 6,2% ed al 5,7%. Gli incrementi più modesti sono stati realizzati nei settori della pubblica amministrazione (+0,3%), dei trasporti (+0,4%), dell'energia (+0,8%) e degli alimentari, bevande e tabacco (+1,1%). Variazioni nulle infine si registrano per ministeri, regioni e autonomie locali, servizio sanitario nazionale e scuola. Soddisfatto dei dati Istat il sottosegretario Sacconi, che comunque constata la negatività della situazione dei metalmeccanici, che in aprile hanno incrociato le braccia per 668 mila ore, cioè l'82,9% del totale ore non lavorate nel mese. Le rilevazioni dell'Istat «confermano inequivocabilmente che l'andamento di tutti i settori che hanno concluso i contratti collettivi di lavoro è al di sopra dell' inflazione», spiega Sacconi. Preoccupa invece lo stato della vertenza dei metalmeccanici, il cui rinnovo è bloccato «a causa del veto opposto della Fiom-Cgil ad ogni scambio tra salario e flessibilità organizzativa». La lettura dei dati suggerisce, secondo il sottosegretario, che c'è «un problema di costo del lavoro per unità di prodotto che in Italia è cresciuto in misura superiore agli altri Paesi Europei a causa del calo di produttivita». Per questa ragione «Banca Centrale Europea, Commissione Europea, Fondo Monetario consigliano all'Italia di rivedere il suo modello di contrattazione - conclude Sacconi - collegando i salari alla produttività in modo che questa venga accresciuta da relazioni industriali decentrate a livello dell'azienda e del territorio».